Il 3D sembra una sfida alla quale i grandi del cinema non intendono rinunciare. Ora ci prova Wim Wenders con il suo ultimo film Pina 3D, con cui porta sullo schermo la danza del Tanztheater Wuppertal di Pina Bausch. “Con il  3D finalmente anche le immagini raggiungono lo stesso livello di progresso degli altri elementi filmici: non è una fase passeggera, ma una nuova forma di linguaggio che diventa nuova forma espressiva. E di questo sono contento”,  afferma Wenders, che ha una grande fiducia nel progresso tecnologico.
E qui dimostra che il 3D apre le porte a nuove possibilità espressive, non solo nell'animazione: “Solo quando ho avuto la possibilità di incorporare la dimensione dello spazio, ho potuto tentare di rappresentare il teatro-danza di Pina. Lei mi spingeva molto a portarlo avanti, ma io temevo di non sapere come realizzare il film, finché non ho scoperto il 3D”, sostiene il regista tedesco. Anche se questo ha comportato un film senza protagonista, venuta a mancare poco prima dell'inizio delle riprese:  un vuoto affettivo incolmabile per Wenders, e “il coraggio dei ballerini del Tanztheater a spingermi a continuare: si è trasformato da un film su Pina Bausch a un film per Pina Bausch”.
Ma l'attesa si è rivelata efficace: “La danza e il 3D sono fatti l'una per l'altro”. E questa tecnologia ancora tutta da esplorare cambia completamente il rapporto tra spazio e macchina da presa: “Prima facevo dei disegni che mi servivano per le riprese, con il 3D sono inutili, perché vengono modificate completamente le angolazioni nello spazio: il cameraman lavorava come un pittore con la tela, ora non può più, perché lo spazio ha una terza dimensione”. E Wenders ha saputo colmare il contrasto tra le macchine da presa ingombranti e la leggerezza delle figure danzanti: “Siamo riusciti a far volteggiare le camere, perché eseguissero alla perfezione gli stessi movimenti dei ballerini”.