Bis veneziano per Denzel Washington. L'attore è doppiamente ospite della Mostra del Cinema di Venezia, dove presenta Man on Fire di Tony Scott (nella sezione "Mezzanotte") e The Manchurian Candidate thriller fantapolitico diretto da Jonathan Demme ("Fuori Concorso"). Si tratta in entrambi i casi di remake e in tutti e due i film il divo interpreta il ruolo di un eroe tragico. Il primo è ambientato a Città del Messico e  racconta la storia di John Creasy, ex-agente della CIA ormai schiavo dell'alcol, che si ricicla come guardia del corpo e viene ingaggiato per proteggere la figlia  di un ricco industriale (Dakota Fanning già vista con Sean Penn in Mi chiamo Sam). Quando un gruppo di malviventi rapisce la bambina e la uccide (solo alla fine si scopre che la piccola è ancora viva) ingaggia una guerra senza quartiere per stanare i responsabili e ottenere vendetta. In The Manchurian Candidate è, invece, un maggiore dell'esercito Usa (riprende il ruolo che fu nel '62 di Frank Sinatra) che reduce dall'operazione Desert Storm nella prima guerra del Golfo scopre di essere stato vittima di alcuni esperimenti scientifici per ottenere il controllo della sua mente e che lo stesso trattamento ha subito l'aspirante Presidente degli Stati Uniti. "Il prossimo film s'intitolerà Manchiurian Fire" scherza l'attore che questa sera sfilerà in passerella con Demme e Meryl Streep, con lui interprete di The Manchurian Candidate. "Credo che il personaggio di  Man on Fire sia il più eroico che io abbia mai interpretato per il sacrificio finale con cui si conclude la sua missione". Quello dei rapimenti "è un problema che ci tocca da vicino - dice l'attore - soprattutto come genitori, non possiamo non identificarci con chi è vittima di questi soprusi, pensiamo a cosa accade in questi giorni in Russia". Ben diverso il problema paventato nel film di Demme: "L'idea di poter essere controllati a nostra insaputa non è molto lontana dalla realtà, oggi esistono davvero dei microchip che si impiantano sotto pelle, ma non è qualcosa di tangibile e forse per questo ci spaventa di meno". Washington punta il dito contro la tv: "E' lo spot televisivo lo strumento con il quale oggi si ottiene più facilmente il controllo delle persone. Noi andiamo verso una determinata direzione in base alle informazioni che riceviamo e in televisione quasi sempre a parlare sono i leader politici che ci impongono le loro opinioni". Da qui l'appello ai giornalisti: "Mi chiedo come mai la stampa non si preoccupi mai di raccontare la storia di chi invece combatte in prima linea, quegli uomini e quelle donne che subiscono realmente le conseguenze di certi atti. Se è vero che qualche volta il cinema può influenzare lo spettatore, fino anche le scelte di voto, allora The Manchurian Candidate vuole essere un po' un monito affinché la gente accolga con maggior spirito critico quello che legge sui giornali o ascolta nei tg". Ma cosa ne pensa del fatto che molti rappresentanti del mondo dello spettacolo Usa siano scesi in campo per dire la loro contro Bush? "Parlare è facile, ma sono i fatti che contano" risponde Washington che da anni si dedica a numerose attività di beneficenza e, come egli stesso fa sapere, ha anche contribuito alla costruzione di diversi orfanotrofi in Africa. A settembre 2005 il divo tornerà dietro la macchina da presa per la sua seconda prova come regista: un film sulla vita di Sammy Davis Jr.