Grande giornata quella di ieri per il cinema internazionale presentato sulla Croisette. E non solo per il secondo capitolo della trilogia di Lars von Trier, Manderlay o per History of Violence di David Cronenberg, entrambi nella competizione principale, ma anche per Le temps qui reste di François Ozon presentato alla Semaine de la Critique. Tappeto rosso delle 17.00 per il regista e il cast di Mandarlay e delle 20.00 per quello David Cronenberg e Co. E mentre Canal +, il canale digitale a pagamento, stila già la sua classifica mettendo al primo posto Last Days di Van Sant e al terzo il kurdo Kilometre Zero (in mezzo History of Violence), i quotidiani non mancano di sottolineare ancora una volta la luminosa presenza di Sharon Stone, che ha peraltro annunciato che non verrà per la presentazione del film di Jim Jarmush di cui è protagonista insieme a Bill Murray. Tornerà sulla Croisette solo per il tradizionale pranzo di gala organizzato dall'AMFAR. E finalmente spazio alle critiche. Poco generosi i quotidiani francesi con il film di von Trier. Di Manderlay Libération scritto: "Von Trier presenta il film come una commedia morale. Ma se il peso della colpa grava ancora sulle spalle degli schiavisti americani, il film sposta i limiti delle rassicuranti linee di spartizione del manicheismo che prevalgono ancora su un soggetto così spinoso". Per France Soir il film di von Trier è un "esercizio filosofico sulla schiavitù" che "non ha suscitato alcuna esaltazione", mentre per Le Figaro "la voce off del narratore è abbastanza noiosa e i suoi discorsi complessi e a tratti confusi, non hanno nulla di nuovo. Ci sono però delle immagini folgoranti e alla fine una accattivante intensità drammatica". L'Humanité lo definisce "comunque uno spettacolo affascinante e orchestrato con rigore. E come in Dogville la sceneggiatura è magnifica". E anche Le Parisien parla di un "risultato esteticamente superbo e innovatore, ma appesantito dalla sua lunghezza". Meno omogenea la critica per History of Violence di Cronenberg. Le Parisien parla di un film che "perde intensità seguendo una sceneggiatura senza sorprese. Come se il regista convinto di non andare da nessuna parte con questa storia lasciasse lo spettatore in mezzo alla strada per passare ad altro". Per Libération "il film possiede una purezza narrativa poco comune per il cinema canadese. Non c'è manipolazione nella regia, nessuna esplosione estetica o manieristica. Solo un tocco di ironia alla fine che impedisce al film di diventare troppo sordido". Positivo il giudizio di L'Humanité: "Cronenberg firma la prima commedia caustica del festival", decisamente negativo quello di Le Figaro: "Ci sono due universi distinti che si avvicinano. Ma a che prezzo! Un'ondata caricaturale che ricade immediatamente nell'inverosimile e poi nei ridicolo". Critica favorevole anche per François Ozon, ad eccezione di  i commenti sono stati piuttosto favorevoli (L'Humanité: "L'emozione cresce durante tutto il percorso del protagonista, che Ozon ha scelto di filmare con un raro pudore, offrendo a Melvil Poupaud uno dei ruoli più intensi), ad eccezione di Libération che scrive: "Il film nei suoi dettagli è troppo distratto per riuscire a convincere e a commuovere".