"Oggi siamo in una situazione paradossale: assistiamo a tentativi strumentali di rimettere in discussione la legge 194 sull'aborto - che andrebbe solo attualizzata - mentre le questioni urgenti sono la fecondazione assistita e le coppie di fatto". Parola della documentarista Alina Marazzi, che porta in sala il 7 marzo il film di montaggio Vogliamo anche le rose, distribuito da Mikado in circa 15 copie. Al centro della coproduzione italo-svizzera (per noi MIR, RaiCinema e Fox Channels Italy, che lo trasmetterà su Cult in autunno), l'identità femminile nel nostro Paese: vite, problemi, battaglie e conquiste negli anni '60 e '70. In anteprima al festival di Locarno, poi a Torino e tra poco al Bergamo Film Meeting, Vogliamo anche le rose ripercorre gli anni della liberazione sessuale femminile con immagini di repertorio, filmati in super8, immagini delle Teche Rai e della Cineteca di Bologna, film sperimentali di Adriana Monti, Loredana Rotondo e Alfredo Leopardi, lettere e conversazioni con le testimoni di quegli anni, foto dell'epoca, fotoromanzi e riviste e - soprattutto - testi tratti dai diari dell'Archivio di Pieve Santo Stefano. Da questi provengono i tre percorsi individuali di Anita, Teresa e Valentina (sullo schermo con le voci, rispettivamente, di Anita Caprioli, Teresa Saponangelo e Valentina Carnelutti) che scrivono le loro memorie nel 1967, nel '75 e nel '79. Attraverso il loro sguardo e la loro presa di coscienza, oggi riviviamo quella rivoluzione: "Il progetto - dice la Marazzi - nasce dall'osservazione del presente, sentivo il bisogno di capire l'oggi e per farlo mi era necessario guardare indietro. Inoltre, mi interessava continuare a lavorare sui materiali d'archivio". Percorso da "una percezione soggettiva della storia, esigenze non soltanto individuali ma collettive, ovvero sociali e politiche", ciò che per la regista di Un'ora sola ti vorrei retrospettivamente colpisce di quel periodo è "la lucidità e la consapevolezze delle persone di allora: c'era l'urgenza di parlare, il desiderio di dire, la consapevolezza del proprio status sociale. Sono parole ancora attuali, perché costante è la ricerca di migliori rapporti interpersonali". Se la "voce" Valentina Carnelutti è "molto orgogliosa di aver potuto partecipare al film: ho sperimentato empatia immediata", per la montatrice Ilaria Fraioli "dovendo rielaborare materiali d'archivio già montati, abbiamo avuto necessità di rallentare, velocizzare, intervenire con una vitalità più vicina alla nostra lettura, ma rispettando la natura dei materiali, secondo un principio di realismo cronologico". Due anni di lavoro (12 mesi di ricerche, 5 in sala di montaggio e poi post-produzione), Vogliamo anche le rose "inizialmente voleva arrivare all'oggi, come testimoniano le immagini contemporanee del Governo Vecchio (stabile in via del Governo Vecchio a Roma, dove si radunavano le femministe negli anni '70, e oggi in disuso, NdR), ma era necessario fare delle scelte: o l'emancipazione della donna o la liberazione sessuale, quindi ho tralasciato molte svolte epocali, dal rapimento Moro a Piazza Fontana, privilegiando gli interni piuttosto che l'istituzionale". E nel 2008? "Si è persa l'abitudine al dialogo, alla discussione, si è più chiusi nelle proprie emergenze quotidiane: manca passione per il sentire comune e monta la delusione per la politica", sottolinea la Marazzi. Che, da ultimo, vira al maschile il suo film: "Vogliamo anche le rose non è soltanto uno slogan femminista, ma un invito all'uomo a esigere le rose: bellezza e dialogo".