"Vivere per niente, o morire per qualcosa". E' la battuta clou di John Rambo, quarto capitolo della saga con Sylvester Stallone, che si dirige per la prima volta, nelle sale italiane dal 22 febbraio in 500 copie. E il 62enne Stallone, gonfio, coi lineamenti facciali bloccati, ma ironico e simpatico in conferenza stampa, oggi vive per le sue tre figlie ("Sono loro a tenermi in forma") e per il suo Rambo: "Faccio fatica ad abbandonarlo, mettere la parola fine mi manderebbe in depressione". Per questo nell'epilogo, Sly ha deciso di tagliare la scena del padre di Rambo ("di origine indiana, da cui deriva la tempra e la forza di John"), che accoglie John di ritorno a casa negli States, per lasciare un finale aperto: a successive avventure. Prima, nei 91' truculenti, se non splatter del film, Rambo combatte in Birmania per salvare dei missionari caduti nelle mani lorde di sangue dei soldati governativi: "John lotta contro un inferno privato: per questo e per educare la gente, non ho scelto una guerra "popolare", ma la tragedia della Birmania, in guerra da oltre 60 anni nell'indifferenza dell'opinione pubblica". "Il mondo - prosegue l'attore e regista - conosce il Darfur, il Rwanda, la Somalia, ma ci sono altri conflitti tenuti nascosti: ho chiesto al consolato birmano a Washington il visto, me lo hanno rifiutato, considerandomi un ospite sgradito". Riguardo ai morti su morti che piovono nel film, Sly prima ironizza: "E' per stare al passo con l'aumento demografico", poi denuncia: "Riflette la situazione in Birmania, che è di inaudita violenza: qualche mese fa si è parlato di una strage di 20-30 monaci, in realtà sono migliaia". Ma frizzi e lazzi non sono finiti: "Perché Rambo non fa mai sesso? Ha avuto un incidente in Vietnam e gli è saltato via qualcosa, per questo ha un lungo coltello...",  oppure sulle dimensioni degli eroi contemporanei: "Oggi possono essere di varie taglie, non contano più tanto i muscoli, quanto cuore e cervello...". Se per Sly gli action-movie cambiano con la psicologia della società, "quando ero piccolo era il tempo di Wayne, poi con me, Arnold (Schwarzenegger) e Chuck Norris è arrivata Hollywood e fantasia, mentre oggi l'azione è meno fisica e più tecnologica, computer ed effetti speciali alla Bourne Ultimatum, che quasi invidio". Dei quattro Rambo, Stallone mette al top della sua classifica personale il primo, "come un figlio per me", secondo questo John Rambo, seguito dal secondo in ordine cronologico e dal terzo, ambientato nel Vietnam russo, ovvero l'Afghanistan: "Ci credevo molto, ma due settimane prima dell'uscita scoppiò la perestrojka con il bacio di Gorbacev a Reagan, e il nemico divenni io, tra i buuu degli spettatori". E sulle odierne primarie negli Usa, Stallone conclude: "Non fate mai parlare gli attori di politica, non ci capiscono nulla, e la mia opinione non sposterà un solo voto. Comunque, sostengo McCain: è persona di esperienza, e sa giocare alal politica. Obama e la Clinton possono essere il futuro, ma ora l'America ha bisogno di McCain, per recuperare la dignità che ha perso negli ultimi anni".