“No, la fabbrica non uccide: a uccidere è il contesto socio-culturale che le sta attorno”. Così il regista Stefano Mordini, che porta alle Giornate degli Autori Acciaio, tratto dal romanzo omonimo di Silvia Avallone e prodotto da Palomar e Rai Cinema. A interpretare l'adattamento Michele Riondino (Alessio), Vittoria Puccini (Elena) e le esordienti Anna Bellezza e Matilde Giannini, rispettivamente Francesca e Anna, che vivono l'ultima estate d'innocenza prima del liceo a Piombino, dove l'acciaieria non si ferma mai. E' la violenza del ciclo continuo dell'acciaio, che travolge tutto e tutti.
E sono tante le coincidenze tra la Lucchini di Piombino e l'Ilva di Taranto, sebbene - precisa Riondino - “Acciaio non parli di ambiente, anche perché la Lucchini ha avuto un atteggiamento diverso sul rispetto del territorio a differenza dell'Ilva”. Ma se il suo operaio “non ha ambizioni, salvo la famiglia e il lavoro”, Riondino dissotterra l'ascia di guerra sulla situazione di Taranto, la sua città: “E' deprimente: l'idea di trasferire le scelte sui lavoratori, mentre le responsabilità sono altrove, e nel completo disinteresse della politica. Nel frattempo, si deve sopravvivere respirando diossina e benzopirene”.
Del film, Mordini dice che “il rapporto tra le due ragazze è stato la mia prima attenzione: volevo afr emergere la loro voce e quella della fabbrica”, e prosegue: “vengo da una famiglia di fabbri, il destino di classe, l'amore e la fatica della fabbrica li avevo già con me, e insieme la vita di provincia: la mia Ravenna come Piombino”. Giovanissime e esordienti, Anna Bellezza e Matilde Giannini parlano rispettivamente di “paura e grandi aspettative, poi mi sono buttata completamente” e “soddisfazione: c'era curiosità, ed è un lavoro molto bello”.
Torna sul lavoro, viceversa, Silvia Avallone: “Dal Campiello a Venezia, la mia determinazione è stata premiata. Oggi le uniche ambizioni sono lavoro e famiglia, ma i giovani, si dice, non hanno ambizioni. Quando ho scritto il romanzo due anni fa, sembrava che il lavoro, gli operai non esistessero, nessuno li raccontava, oggi sono in primo piano. E' tardi, ma li stiamo raccontando”. “Film fedelissimo al libro”, concordano regista e scrittrice, e Mordini indica “nel ciclo continuo dell'acciaio, in quel lavoro che ti piega le spalle appesantite dalla polvere, la metafora della vita: si vive e si muore in fabbrica, dove un piccolo errore può essere fatale”. Non a caso, aggiunge Riondino, “l'aspetto fisico è stato molto importante, insieme alla complicità, alla sincerità priva di malizia sul set”.