Quando la cronaca entra nel cinema. Mentre scandali e polemiche scuotono il mondo del calcio, arriva nelle sale il 19 maggio 4-4-2 Il gioco più bello del mondo, commedia in quattro episodi diretta da altrettanti registi esordienti e prodotta da Paolo Virzì con Medusa, che è un po' presa in giro un po' dichiarazione d'amore per lo sport più amato dagli italiani. E finisce involontariamente col fare ironia proprio su quanto sta accadendo in questi giorni. "Di una scena siamo particolarmente orgogliosi, quella in cui il ragazzino napoletano si introduce negli spogliatoi della Juventus e deruba i giocatori. Almeno per una volta qualcuno ruba a loro e non il contrario" scherza Michele Carrillo, autore del primo dei quattro episodi, Meglio di Maradona, in cui si racconta di un bambino che, dalle strade di Napoli, viene mandato a Torino per giocare nella sezione giovanile della "grande Juve, quella dei 28 scudetti". Carrillo come Claudio Cupellini, Roan Johnson e Francesco Lagi è un ex studente del Centro Sperimentale di Cinematografia. "Il cinema ha bisogno di nuovi autori e di tornare alla commedia popolare - dice Virzì - e per questo film abbiamo potuto contare sulla disponibilità di grandi attori". Nel cast Valerio Mastandrea (che interpreta un portiere corrotto e sfoggia un inedito accento toscano), Gigio Alberti, Nino D'Angelo, Francesca Inaudi, Rolando Ravello, Roberto Citran, Antonio Catania e Piera Degli Esposti. Da juventino il regista e produttore ha voluto spezzare una lancia in favore della sua squadra del cuore: "La Juve le partite se le deve conquistare sul campo e secondo me non sono tutte falsate. Non è facile combinare una partita, a volte basta un ciuffo d'erba per cambiare il risultato". Ma non ha esitato a sparare a zero contro Luciano Moggi, direttore generale dimissionario della Juventus: "In lui c'è tanta vanteria e non ho mai sopportato il modo in cui si rivolgeva ai cronisti sportivi durante le interviste, con quel sorrisetto stampato in faccia mentre tutti si inginocchiavano ai suoi piedi. Ai giocatori possiamo perdonare tutto, perché in fondo in ognuno di loro batte il cuore di un bambino che vuole giocare alla palla che rotola, ma a lui no. Non dobbiamo perdonare chi ci falsa il divertimento". "Il problema - aggiunge Mastandrea - è che questo è un paese che perdona troppo facilmente e troppo rapidamente. Voglio proprio vedere quanto ci metteranno adesso per perdonare. Ma quello che è successo non mi ha affatto stupito, ero già disilluso da tempo. E non dimentichiamo che anche i mondiali sono stati a volte uno strumento politico (l'attore si riferisce a quelli giocati in Argentina nel 1978, n.d.r.). La gente dovrebbe forse capire che non esiste solo il calcio e imparare ad amare anche qualcos'altro".