"Non sono una diva" precisa Virna Lisi con decisione. Ha debuttato appena quindicenne nel '53 con ...E Napoli canta e da allora ha lavorato con i più grandi registi italiani, francesi e statunitensi, Francesco Maselli, Pietro Germi, Dino Risi, Michelangelo Antonioni, Mario Monicelli, Nanni Loy, Carlo Lizzani, Liliana Cavani, Alberto Lattuada, Luigi Comencini, Stanley Kramer e Patrice Chéreau. Ma alla soglia dei 70 anni, dopo 50 anni di carriera, quasi 100 film alle spalle e in bacheca decine di premi, preferisce essere definita semplicemente "un'attrice". Le dive oggi sono quelle che "arrivano dai Ristoranti, dalle Isole e dai Grandi Fratelli vari, ma sono personaggi che lasciano il tempo che trovano, essere un'attrice è una cosa diversa. Ci sono anni di studi e di applicazione" ci dice. A lei rende omaggio la sesta edizione del Festival del Cinema Europeo, che si inaugura oggi a Lecce. Dopo Ugo Tognazzi, Giancarlo Giannini e Fabrizio Bentivoglio, la manifestazione ha scelto quest'anno di celebrare l'attrice e la sua lunga carriera con una retrospettiva, una mostra fotografica e una monografia realizzate in collaborazione con il Centro Sperimentale di Cinematografia. 

Signora Lisi, tanto cinema in passato, ma oggi si dedica quasi esclusivamente alla televisione, come mai questa scelta?
Al cinema sono legati i miei ricordi più cari. Ho fatto delle cose così belle e di film che ho amato ce ne sono tantissimi, La cicala di Lattuada, Signore e signori di Germi, Buon Natale... buon anno di Comencini, Il più bel giorno della mia vita con Cristina Comenici (ultima apparizione dell'attrice sul grande schermo, tre anni fa, n.d.r.). Ma bisogna trovare dei bei ruoli, altrimenti preferisco la tv. Recentemente mi è capitato di leggere un copione americano per una parte bella, lunga e importante, ma non mi piace il film e per questo rifiuterò l'offerta. In Francia, dove ho lavorato a lungo, c'è una considerazione diversa per l'attore. E' un mestiere che viene apprezzato e rispettato. Da noi non c'è questa attenzione. Siamo veramente un paese che non apprezza niente, se non delle nullità che durano il tempo che durano. E' la politica dell'usa e getta.

Cos'è cambiato oggi nel cinema rispetto al passato?
E' diventato molto più commerciale e tutto è più affrettato. Ma questo discorso riguarda anche la televisione. Una volta c'erano poche cose, ma buone, uno sceneggiato era un evento. Adesso il più delle cose che vediamo è inguardabile. Il più bravo è quello che riesce a fare tutto il più velocemente. E i produttori si mettono le mani nei capelli appena si sfora di una settimana. E' tutto diverso. C'è più tecnica, ma meno amore.

Dove trova allora tanto entusiasmo per questo lavoro?
Amo tantissimo il mio lavoro. Per me è una seconda vita. Pensavo che andando avanti negli anni sarebbe un po' scemato, ma così non è stato. Naturalmente facendo belle cose e lavorando pochissimo, massimo un film all'anno. Non voglio che il mio lavoro mi tolga la gioia della mia vita di tutti i giorni, godere dei miei nipoti. Ho sempre detto che sino a che questo entusiasmo mi sosterrà continuerò a lavorare, il giorno in cui mi stancherò lascerò. Adesso ancora mi piace farlo.

Anche il prossimo film sarà per la televisione?
Sì. Sarà una fiction dal titolo Caterina e le sue figlie in quattro puntate che andrà in onda sui canali Mediaset nel febbraio del 2006. E' una storia molto tenera, elegante e bella e io interpreto un ruolo molto forte: quello di una donna della media borghesia che viene abbandonata dal marito con tre figlie. Decide allora di andare a vivere in un un piccolo paesino e lì cresce le sue bambine fino a che non sono grandi. E poi, quando crede che tutte e tre conducano una vita felice, scopre che ognuna di loro ha dei problemi diversi: una sta per separarsi, l'altra è un'arrivista che pensa solo alla carriera e la più giovane lascia l'università per fare la velina. Allora, come aveva fatto tanti anni prima, si rimbocca ancora una volta le maniche.