Una storia di truffe, progresso e arcaicità. E' L'orizzonte degli eventi, l'opera seconda con cui Daniele Vicari, dopo aver partecipato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia con Velocità massima, punta ora al festival di Cannes. Prodotto dalla Fandango di Domenico Procacci e interpretato da Valerio Mastandrea, il film racconta di due mondi, diversi e paralleli, che convivono nello stesso territorio: il Gran Sasso d'Italia. Sotto si lavora nel nome del progresso, sopra, e non in senso metaforico, si vive nel regno della pastorizia. Il contatto tra le due realta' avviena attraverso i personaggi di Max (Mastandrea), un un giovane ricercatore di fisica nucleare che lavora senza sosta nel laboratorio situato nel ventre della montagna, e il pastore Bajram (Lulzim Zeqja). "Ho cercato il più possibile di fare un film inquadrato nella realtà contemporanea, sociale, politica, economica, culturale - dice il regista in un'intervista esclusiva sul numero in edicola della Rivista del Cinematografo -. Non è un film a tesi. Il pastore cammina sulla testa del fisico ma nessuno dei due lo sa, in questo senso il Gran Sasso è l'immagine sintetica della globalizzazione". "Dentro il laboratorio - spiega Vicari - si sviluppa il mestiere più avanzato dell'umanità e lo fanno immigrati di lusso, che vengono da Cina, Giappone, Stati Uniti. E sopra la montagna ci sono immigrati poveri che fanno il lavoro più antico del mondo ed è quello che succede in questo momento". L'orizzonte degli eventi è un film più pessimista di Velocità massima. "C'è una brutta atmosfera in giro - spiega ancora il regista - uno scollamento generale, che impedisce di fare progetti comuni. Mentre scrivevo il film sono successe delle cose in Italia: ci sono state delle grandi truffe, come quella della Parmalat. E i figli di questi imprenditori hanno parlato in pubblico. Per la prima volta siamo entrati in contatto con le persone che hanno in mano il nostro Paese e hanno un punto di vista sul mondo talmente sconcertante e sconvolgente che mi è rimasto profondamente impresso". Il personaggio di Max non ne è uscito indenne: "Ha assorbito quello che ho osservato nella società italiana in questi ultimi anni - spiega Vicari -. Ha le mani in pasta nel sistema, è figlio di un costruttore che negli anni Novanta ha avuto guai con la giustizia. La sua storia è quella di un problema morale: la falsificazione di dati relativi all'esperimento che sta facendo, attraverso questo passaggio muta completamente la sua vita". Il regista spiega poi la scelta di lavorare ancora con Mastandrea dopo Velocità massima. "Penso che sia inespresso quanto me - dice -. Forse con questo film mi sono avvicinato di più al cinema che voglio fare. Per Valerio è lo stesso: è un attore con grandissime potenzialità".