"Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli. Io so. Ma non ho le prove". Così scriveva nel 1974, sul Corsera, Pier Paolo Pasolini, in un pezzo dal titolo "Cos'è questo golpe? Il romanzo delle stragi". Il romanzo delle stragi è diventato il Romanzo di una strage, quella di Piazza Fontana a Milano del '69, e l'Io so di Pasolini si è allargato al Noi sappiamo di Marco Tullio Giordana: "Non solo, ma abbiamo le prove - sottolinea il regista de La meglio gioventù -. Queste sono diventate finalmente accessibili, a disposizione di chiunque voglia davvero sapere. E' giunto il momento di raccontarle, di tirarle fuori".
Così è nato Romanzo di una strage, il film di Giordana (scritto con Rulli e Petraglia) che rievoca, ricostruisce, infine "dice" una verità possibile sull'attentato che inaugurò di fatto la strategia della tensione in Italia: era il 12 dicembre di 43 anni fa, quando a Milano, alla Banca Nazionale dell'Agricoltura, esplode una bomba. Uccide 14 persone (poi salite a 17), ne ferisce 88. Prima di allora c'erano stati altri ordigni, per fortuna solo dimostrativi, alle stazioni dei treni. Anarchici, forse. Stavolta è diverso. Stavolta c'è una volontà precisa di ammazzare quanta più gente possibile. C'è un salto nella strategia politica che innesca l'esplosione, un disegno eversivo che non ha paura di sporcarsi le mani di sangue, di soffiare sulla violenza e di evocare i fantasmi della guerra civile. L'opinione pubblica è sgomenta. La questura di Milano - le indagini vengono affidate al giovane commissario Luigi Calabresi - batte la pista anarchica. Ne ferma 40, tra questi vi è Giuseppe Pinelli, torchiato per tre giorni e tre notti perché firmi un verbale di accusa nei confronti di Pietro Valpreda, vecchia conoscenza del Pinelli, anarchico anche lui e indiziato numero uno. A inchiodarlo la testimonianza di un tassista.
Ma ci sono cose che non tornano, prove fragili, personaggi inquietanti che agiscono nell'ombra, neonazisti coperti dai servizi segreti, prefetti che insabbiano, questori che mentono, uomini delle istituzioni - come l'allora Ministro degli Esteri Aldo Moro - che intravedono lo spettro del complotto e del depistaggio e altri - come il Presidente Saragat - che sembrano addirittura farne parte. E ci sono altri morti: Pinelli, che "cade giù", dall'ufficio di Calabresi alla fine dell'estenuante interrogatorio; Giangiacomo Feltrinelli, l'editore di sinistra e il "Bombarolo" dell'omonima canzone, dilaniato dallo scoppio di un ordigno; e poi, ancora, il commissario Calabresi, vittima di una campagna d'odio a mezzo stampa (soprattutto ad opera di Lotta Continua) e infine ucciso sotto casa. Troppi morti, piste, indagini che si fanno e si disfano e ancora, dopo 43 anni, nessuna verità giudiziaria accertata. Nessun colpevole. Come afferma uno degli sceneggiatori, Sandro Petraglia, Romanzo di una strage sembra ribaltare il luogo comune del tipico film d'inchiesta: "In genere vanno in cerca di segreti. Nel caso di Piazza Fontana, succede l'inverso: non ci sono segreti, ma talmente tante verità sovrapposte che finiscono per disorientare, ostacolare la comprensione dell'insieme. Il senso di questo film era proprio quello di dare un ordine, un filo logico alla sfilza di verità disponibili". Ma Romanzo di una strage - una coproduzione Cattleya/Rai Cinema, in 250 sale a partire da venerdì 30 marzo distribuito da 01 - ha anche un altro obiettivo. Lo enuncia Giordana: "Spero che questo film venga visto soprattutto dai più giovani. Qualche tempo fa alcuni ragazzi, intervistati nel corso di un'inchiesta televisiva, rivelavano nelle loro ingenue risposte la più assoluta ignoranza riguardo Piazza Fontana. Ma spero lo vedano anche coloro che allora c'erano, quelli che sanno ma non hanno ancora acquisito una capacità di giudizio obiettivo. Come ammoniva Pasolini, bisogna liberarsi dai pregiudizi. Anche io avevo bisogno di liberarmi, di acquisire uno sguardo nuovo, ed è questa la ragione per la quale ho potuto fare questo film solo adesso e non dieci o venti anni fa". Si potrebbe storcere il naso di fronte all'uso della parola Romanzo nel titolo, ma Giordana ritiene che il termine ("Preso dall'articolo di Pasolini") non ne comprometta la forza argomentativa e testimoniale, anzi: "La letteratura, il cinema, l'arte in generale, a differenza della cronaca che è asettica, ha la capacità di emozionare, e un'informazione attaccata a un'emozione dura di più, non si disperde".
Dura, durerà chissà quanto ancora il lavoro che il film ha fatto sugli attori. Valerio Mastandrea, che interpreta il commissario Calabresi, afferma che "è la cosa più difficile che abbia mai fatto. E' un film che ha messo in discussione le mie convinzioni, che m'interroga come uomo e come cittadino italiano". Secondo Mastandrea, le cose avvenute allora non sono poi tanto diverse da quelle accadute ad esempio a Genova, durante il famigerato G8 del 2001: "Il meccanismo è lo stesso e uguale il risultato: l'impunità per gli autori". Nessuna polemica invece con Mario Calabresi, direttore de La Stampa e figlio del commissario ucciso, che in un'intervista ha detto di non riconoscere suo padre nel personaggio interpretato da Mastandrea: "Non ho incontrato la famiglia Calabresi - spiega l'attore romano - per pudore e perché il personaggio era già delineato bene dalla sceneggiatura. Non avevo bisogno di ulteriori dettagli, anche perché Romanzo di una strage ne mette in luce soprattutto il profilo pubblico". Chi invece ha voluto incontrare i familiari è stato Pierfrancesco Favino, nel film Giuseppe Pinelli, che ricorda "la grande umanità e gentilezza della vedova e delle sue due figlie. Tra me e Pino c'erano del resto molte affinità: io sono nato nel'69, l'anno in cui rimase ucciso; quando ho girato il film avevo 41 anni come lui quando morì. Sono stato molto toccato dalla vicenda di questa persona". La verità sulla fine di Pinelli è una delle poche che il film non svela fino in fondo, anche se Giordana ne ha una sua: "Non credo l'abbia gettato dalla finestra il commissario Calabresi né che il commissario fosse presente nella stanza quando ciò avvenne: Calabresi era una persona garbata, colta, lo so perché una volta interrogò anche me subito dopo l'occupazione del liceo Berchet. In sua presenza non sarebbero volati ceffoni. E' probabile invece che gli schiaffi siano partiti quando lui era fuori dalla stanza: forse i poliziotti non volevano gettare Pinelli dalla finestra, anche perché avrebbero potuto vederli. Ma è probabile abbiano combinato un pasticcio".
Nel cast di Romanzo di una strage ci sono anche Michela Cescon nei panni della vedova Pinelli, Laura Chiatti in quelli della moglie di Calabresi, Fabrizio Gifuni nella parte di Aldo Moro, Luigi Lo Cascio in quelli del giudice Paolillo e Giorgio Colangeli nel ruolo del prefetto Federico Umberto D'Amato.