Nata a New York, ma formatasi alla Sam Spiegel Filmn and Television School di Gerusalemme, Rama Burshtein, 45 anni, ha fatto del cinema una specie di missione: quella di promuovere l'autonomia espressiva della comunità ortodossa. Comunità che la regista dell'opera prima in concorso al Lido, Fill the Void, ha abbracciato diversi anni fa e non ha più lasciato. In conferenza stampa Rama indossa lo sheitel, il classico copricapo delle donne ortodosse sposate, quello per intenderci che la giovane protagonista del suo film sogna un giorno di mettere. L'idea per il soggetto le è arrivata quasi per caso al matrimonio della figlia di un'amica: "Lì ho conosciuta una ragazza molto carina, che avrà avuto 18 anni e si era appena fidanzata con il marito della sorella che era morta". Così è nata Shira (Hadas Yaron), la giovane protagonista della pellicola, la figlia più piccola di una famiglia di ebrei chassidici di Tel Aviv, promessa sposa ad uno della sua stessa età salvo poi essere "persuasa" dalla madre (Irit Sheleg) a ripiegare sul cognato (Yiftach Klein) e a crescere il figlio della sorella deceduta durante il parto.
"Non ho fatto questo film mossa da particolari intenzioni politiche o altro - dichiara la Burshtein - ma solo per aprire una finestra su questa mondo che mi piace e al quale appartengo. Io non lo giudico, anche se il film resta aperto a ogni interpretazione". Un mondo che lo spettatore occidentale per la prima volta ha la possibilità di conoscere dal di dentro, nei suoi rituali (dalla festa del Purim alla prassi che precede ogni fidanzamento) e nelle sue icastiche figure (dal rabbino che guida la comunità anche nelle faccende squisitamante domestiche - come l'acquisto di un forno! - alla matriarca che presiede alla casa e al destino dei suoi figli) e che Rama rappresenta con grande vividezza: "Non so se sono rimasta fedele al mondo ortodosso, di certo sono rimasta fedele al mio modo di vederlo. Cosa ha di speciale? Questa mistura di gioia, dolore e tristezza che sa tenere assieme, senza scomporsi".
Girato con una troupe mista - composta sia da ortodossi che da non ortodossi - Fill the Void non rischia secondo la Burshtein di veicolare un'immagine antiquata e sottomessa della donna:"Non sono una femminista, ma se guardo a quello che fanno le donne di questa comunità non posso che ammirarle. Le trovo decisamente sexy mentre si occupano della casa e dei figli, e al contempo lavorano, guadagano, scrivono e fanno film". Netta anche quando le chiedono se non trova che questa comunità sia eccessivamente isolata: ""Il mondo ortodosso è così interessante da non avere bisogno del mondo secolare".