(Cinematografo.it/Adnkronos) - "Non sono un dittatore della giuria ma un presidente. È importante per me giudicare i film per quello che sono, è una questione di maturità. E di equilibrio. Il paese di provenienza non conta, per me non c'è differenza tra un film austrialiano e uno messicano".

Parola del presidente della giuria di Venezia 75, Guillermo del Toro, che assicura di non avere alcun imbarazzo per la presenza nel concorso principale della Mostra di Venezia, che si apre oggi, del collega connazionale Alfonso Cuaron.

"Il fatto di essere un giurato - aggiunge Del Toro - rinnova il mio patto con il cinema che va al di là dell'aspetto commerciale. È qualcosa di intimo, ristabilisce un rapporto personale. Ed è un'esperienza unica perché sai di poter cambiare la vita di qualcuno".

"Credo che Venezia sia un luogo decisamente bello per vedere nuovi film e lanciare nuovi registi. Il Festival è un contenitore di storie e punti di vista, è un ecosistema di festival. Ogni festival porta un sapore diverso, alla fine dell'anno abbiamo una bellissima visione del mondo con le storie che meritano di essere raccontate", prosegue.

Sulla presenza a Venezia di film prodotti da Netflix, che invece Cannes ha rifiutato, il regista messicano sottolinea: "I film per noi sono il rettangolo che vediamo proiettato. Tutto quello che è fuori non ci importa. Ci importa la qualità che è in quel rettangolo".

 

Sulle accuse di maschilismo rivolte al festival di Venezia, Del Toro sottolinea: "Credo che l'obiettivo sia quello di raggiungere il 50 e 50 di donne entro il 2020. Ma la questione non è creare delle quote, ma capire perché ci sono poche donne registe. Io per esempio da produttore sto facendo cinque film e tre sono diretti da donne. Ma è bene che questo nasca da una necessità e non da un gesto esemplare".