Remember, remember the 5th of November, the gunpowder treason and plot.  Una nenia accompagna un'eco di passi lungo strade buie e deserte per il coprifuoco. Siamo in una Londra cupa e futuristica governata dalla paura e dal sospetto e a canticchiarla è l'affascinante giustiziere mascherato che dà il titolo a V per Vendetta, il fantasy visionario sceneggiato dai fratelli Wachowski, da oggi nelle nostre sale. Nella storia, ispirata alla celebre striscia firmata negli anni '80 da Alan Moore e David Lloyd, a detenere il potere è un regime totalitario che ha fatto piazza pulita di emarginati, neri ed omosessuali, per condurre su di loro degli esperimenti batteriologici. Mentre la televisione distorce le notizie e copre la violenza a cui ricorre il governo per legittimare la sua politica repressiva, il misterioso V è pronto a farsi saltare in aria con tutto il Parlamento, per restituire la libertà al popolo. Ad affiancarlo nella sua missione c'è soltanto Evey, determinatissima ragazza col volto di Natalie Portman, che finisce per sostenerlo, dopo essere stata salvata da lui. Ventiquattro anni appena, vegetariana e laureata in psicologia, a vederla sembra tutto meno che una cospiratrice pronta a farsi saltare in aria per la libertà.

E invece?

Le mie origini hanno pesato molto nella scelta del ruolo. Essendo nata in Israele, il terrorismo e l'uso politico della violenza sono questioni che hanno rivestito sempre una grande importanza nei miei pensieri. Da pacifista direi che la violenza è accettabile soltanto come autodifesa. Come insegna la vicenda dell'Iraq, anche in questo caso l'interpretazione diventa però molto arbitraria. Per giustificare la loro politica gli Stati Uniti continuano a parlare di minaccia, ma è davvero così?

Terrorismo, manipolazione mediatica, discriminazioni: quanto è attuale lo scenario del film?

I richiami alla realtà sono evidenti. Più che riferirsi a un contesto specifico, V per Vendetta affronta però questioni universali: perché giustificare la violenza di stato rispetto a quella individuale? Qual è il limite tra la difesa dei propri diritti e la violazione di quelli altrui?

Il misterioso V che affianchi nel film. Eroe o kamikaze?
Più che altro lo considero un uomo molto romantico e tormentato. Una vittima del regime, che attraverso la sua battaglia personale cerca di riscattarsi del passato, ma anche di risvegliare la coscienza della popolazione. Se a muoverlo sono le torture di cui è stato vittima in prima persona, il risultato è però un messaggio universale: le persone muoiono, ma le idee no. Il suo, in questo, è anche un inno all'anticonformismo e al coraggio di sentirsi liberi.