Più di 400 donne assassinate e 70 scomparse, nella quasi totale indifferenza delle autorità. Amnesty International si unisce alla denuncia di Bordertown, patrocinando il film con Jennifer Lopez e Antonio Banderas, sul massacro che da 14 anni va avanti fra il Chihuhua e la città di Juarez, al confine tra Messico e Stati Uniti. Come evidenzia il dramma di Gregory Nava in sala dal 23 marzo, la situazione è particolarmente intricata e complessa: "Soprattutto all'inizio - spiega Riccardo Nouri, portavoce italiano di Amnesty International - c'era una chiara volontà politica ad insabbiare i fatti. In principio poteva forse anche trattarsi di criminalità comune. L'ampliarsi della scala e le resistenze a fare davvero chiarezza hanno poi dimostrato l'intervento di gruppi organizzati e interessi superiori. Snuff movies, traffico d'organi: le ipotesi sono tante, ma le certezze poche". Fra queste, un dato statistico confortante: "Nella macabra contabilità si è registrata nell'ultimo anno una sensibile riduzione dei casi accertati, che nel 2006 sono scesi intorno alla decina. Un miglioramento che coincide col rafforzamento dell'impegno governativo e l'azione penale, di cui parla anche l'associazione delle madri delle vittime".
Proprio una di loro, Julia Esther Cano, parteciperà nella mattinata dell'8 marzo all'incontro "Aspettando Bordertown", organizzato in occasione della festa della donna dalla Medusa che distribuisce il film, insieme alla stessa Amnesty International, alla Casa del Cinema di Roma: "Un'iniziativa che ci dà un grandissimo aiuto - commenta ancora Riccardo Nouri -, perché un film hollywoodiano si rivolge a una platea sicuramente più ampia di quella che seguirebbe una nostra conferenza sul femminicidio in Messico. Quando poi si avvale di nomi così importanti come quelli di Lopez e Banderas, l'impatto è ancora più forte". Nelle sale che programmano il film, Amnesty distribuirà inoltre 70.000 cartoline, che il pubblico potrà compilare e inviare all'ambasciata del Messico. Un gesto simbolico, importante per mantenere alta l'attenzione ed esercitare pressione sulle istituzioni locali: "La strada da compiere è ancora lunga, ma dietro pressioni nostre, della commissione interamericana dei diritti umani e dell'associazione delle madri, nel 2006 sono stati raggiunti due importanti traguardi. Il congresso federale ha nominato una commissione speciale, con poteri politici, che in un rapporto ha evidenziato le carenze nelle indagini. A livello governativo è invece stato istituito un ufficio speciale per i reati contro le donne".
L'impegno di Amnesty International torna a rinnovarsi la prossima estate. Per la terza volta, il consiglio internazionale dell'organizzazione si riunirà simbolicamente in Messico: "Un'iniziativa anomala rispetto alla nostra tradizione - spiega Nouri - che abbiamo inaugurato nel momento in cui il massacro si è spostato dal Chihuaha a Juarez. Il nostro impegno era però già iniziato nel '93, in seguito alle prime uccisioni. I primi interventi erano finalizzati alla richiesta di misure pratiche come l'illuminazione stradale, cabine telefoniche lungo la strada e più efficaci misure di sicurezza nei pressi delle maquilladoras, le fabbriche in cui lavorano la maggior parte di queste donne". Elemento determinante, nel quadro generale, è anche la particolarità di un contesto socio-culturale, connotato dal sistematico sfruttamento della manodopera femminile a basso costo: "L'abbrutimento economico ha certamente il suo peso. La violenza sulle donne è però un fenomeno preesistente e che non riguarda soltanto il Messico. Come dimostrano i dati, si tratta di una piaga che si nutre di discriminazione e di impunità: nella maggior parte dei casi le vittime sono migranti interne, povere ed emarginate, che non possono contare su alcuna tutela".