"Non è un biopic, ma una finestrella sulla vita di Marilyn Monroe. E credo di essere stato benedetto dal coraggio di Michelle Williams, che ha accettato la parte". Così Simon Curtis sintetizza il suo My Week with Marilyn, oggi Fuori Concorso al Festival di Roma (orfano della sua protagonista e di tutto il cast), ambientato nell'Inghilterra del 1956 e basato sul libro di memorie di Colin Clark (Il principe, la ballerina e io), incentrato sul ricordo di un giovane assistente alla regia che ebbe modo di conoscere la Monroe durante la lavorazione del film diretto e interpretato da Laurence Olivier. Che sullo schermo ha il volto di Kenneth Branagh: "Come per Michelle Williams, Branagh è stata la mia prima scelta - dice ancora il regista -. A quell'epoca Olivier aveva 50 anni e io volevo un attore con l'età giusta, ma non solo: sin dagli inizi della sua carriera, Branagh è stato sempre considerato il prossimo Laurence Olivier. Credo che questa interpretazione, in qualche modo, l'abbia preparata per circa 30 anni".
Consapevole dell'enorme sfida che si è ritrovato ad affrontare, Simon Curtis sa che per gran parte delle persone, soprattutto le più giovani, "Marilyn non è un'attrice ma un'icona", e quello che davvero "ci interessava esplorare era il doppio aspetto diva/donna: ci sono tre Marilyn nel film, una è quella che interpreta Elsie sul set con Olivier, l'altra è quella pubblica, che fa gli spettacolini per la stampa e per i fan che la incontrano per strada, l'ultima è quella privata, che in qualche modo conosciamo grazie agli occhi di Colin". Interpretato nel film dal giovane Eddie Redmayne: "Mi piacerebbe poter dire di averlo scoperto io, ma non è vero", dice candidamente Simon Curtis del promettente attore, già visto in The Good Shepherd e Savage Grace. "Riesce a donare un'autenticità unica al personaggio, credo davvero che farà molta strada", l'augurio del regista. Che per concludere, però, ritorna sulla Monroe, imbeccato sulla celebre considerazione che Billy Wilder fece a proposito dei suoi matrimoni falliti ("Joe Di Maggio si accorse che era Marilyn Monroe, Arthur Miller si accorse che non era Marilyn Monroe"): "Billy Wilder faceva però anche presente, a chi si lamentava degli abituali ritardi dell'attrice, che lui aveva una vecchia zia puntualissima. Ma che probabilmente nessuno l'avrebbe voluta vedere sul set".