Al di là delle simpatie che la vittoria dei deboli sui forti normalmente suscita, resta l'interrogativo su un verdetto forse non sorprendente, ma certo paradossale. E' stato Davide a battere Golia, o la ragione politica ha prevalso sulla legge dei grandi numeri?Se storicamente l'Oscar è il premio all'industria e non al cinema (tant'è che la statuetta al miglior film viene consegnata al produttore), la vittoria del piccolo The Hurt Locker contro l'Avatar di Cameron non si spiega: troppo netto il divario a favore del secondo in termini di investimenti produttivi e ricavi acquisiti, qualità del prodotto e quantità di adepti. Senza contare il diverso peso specifico dei due contendenti nella storia del cinema: Avatar vi è entrato di diritto - per la rivoluzione tecnologica, per i record al botteghino - The Hurt Locker riuscirà al massimo a conquistarsi un "a margine" dopo queste sei statuette. Si potrebbe obiettare che il successo del film della Bigelow sia frutto di un ragionamento squisitamente estetico. Può darsi, ma l'impressione è che la volontà dei giurati dell'Academy sia meno naive della nostra. Tradotto: non sono i film più belli quelli che vincono. Certo entriamo nel campo minato della discrezionalità, ma è un fatto che alcuni dei lavori più apprezzati dalla critica - Un titolo su tutti: Nemico pubblico di Michael Mann - non siano nemmeno riusciti a trovare posto nella lista dei candidati.Insomma The Hurt Locker non risponde a nessuno dei criteri decisivi per un premio: non è il film più bello, non è quello più apprezzato dal pubblico, non è nemmeno il più originale. Perciò la sua vittoria è paradossale. Ma non sorprendente. Come avvenne l'anno scorso per The Millionaire, il merito principale di The Hurt Locker è la sua adeguatezza politica: film alla moda oltre forse le sue stesse intenzioni, quello della Bigelow è intessuto di moderna cultura liberal, segnata dal bisogno della trasparenza (dopo "le bugie" della vecchia amministrazione repubblicana) e orientata al magico accordo - un film sulla guerra in Iraq, che è anti-militarista e filo-militarista insieme, sconvolto dallo stillicidio di marines sul campo, e conquistato del loro eroico coraggio - umanamente preoccupato ma non sconfitto. Di più, premiare la regia di The Hurt Locker significava porre fine al segregazionismo sessista dell'Academy (mai una regista donna aveva vinto), dopo la fine dell'apartheid razzista (con l'elezione del primo Presidente nero) alla Casa Bianca.Infine, la decisione dei giurati ha un'indubbia valenza simbolica: l'affermazione del piccolo sul grande è in fondo la rivincita dell'etica della formica su quella della cicala, della piccola e parsimoniosa impresa sulla grande e corrotta multinazionale, delle idee sul denaro, delle buone intenzioni sugli effetti speciali. In definitiva dell'America umile ed ecumenica di oggi contro quella muscolare e imperialista di ieri.