Dei peccatori, anche impenitenti, si ha pietà. A Donatien Alphonse-François de Sade i suoi contemporanei non perdonarono l'abiezione di una esistenza vissuta e raccontata impudicamente. Riassorbita l'aura di scandalo, fu la posterità a riconoscergli un gran talento letterario rivalutando i suoi scritti man mano che uscivano dalla clandestinità. Fino alla consacrazione di fine Novecento, quando Gallimard in Francia lo accolse nella prestigiosa collezione della Pléiade fra Goethe e Shakespeare. Ma il personaggio Sade, quando evocato sulla scena teatrale, suscitava i pruriti della trasgressione, più o meno squadernata allo spettatore. E' diverso l' approccio di Riccardo Reim nel suo Marquis De Sade, vierge et martyr rappresentato al Valle di Roma. Il "Divin Marchese", come l'enfatizzò chi lo glorificava, dopo gli anni di carcere sta qui scontando - anno 1814 nel manicomio di Charenton - l'estrema condanna inflitta a un depravato da una società che certo non praticava la virtù, malgrado la Rivoluzione. L'occhio drammaturgico di Reim indugia sulla condizione di derelitto umiliato cui non fa difetto però l'energia dei pensieri, persino la spinta creativa nel rivedere il romanzo "Justine" (questa, presumiamo, la verginità nel titolo della pièce). Ma l'uomo è ormai senza fibra, disastrato interiormente come il contesto visibile di sfascio ( scena di Patrizia Cescon) in cui Reim immagina immerso lo spazio angusto dell'alloggio riservatogli nel manicomio. Assistito da Madame Quesnet, una ex attrice rimasta accanto per indecifrabile fedeltà, e un maltrattatissimo servo muto. Sade il corruttore scellerato è un vecchio podagroso che smania fra orgoglio di rango, progetti di fughe e vendette , capricci fanciulleschi.
Su questa tramatura psicologica Reim ha costruito un quadro di visionaria vivacità distentendovi il velo pietoso della morte incombente. Come regista, trovando in Pino Micol un protagonista dal giusto passo espressivo, che di suo aggiunge la dote di un umorismo superiore venato di mestizia, elegante anche nella trivialità. Ottimamente coadiuvato dalla recitazione di Marta Bifano e Massimo Marcone.