Gaza City. Al sorgere del sole di una mattina come le altre, la spiaggia della città è ingombra di decine di mante morte, arenatesi nel corso della notte. L'evento, surreale e al di là di ogni spiegazione, scatena gli abitanti della Striscia che si precipitano sul luogo per accaparrarsi carne fresca.
Comincia così il viaggio corale che i videomakers di Teleimmagini, factory sorta nel 2000 a Bologna, innestano sull'intreccio di vite e destini differenti nel trascorrere di una giornata a Gaza City. “Non un film su Gaza, ma con Gaza” è scritto nelle note di regia su Striplife (a Torino nella sezione doc) e davvero si nota, e si apprezza, lo sforzo di evitare facile retorica e patetismo a buon mercato nella decisione di trattare un argomento così delicato. L'idea sottesa a tutto il film è quella di descrivere una condizione di vita “possibile” proprio là dove nulla di ciò che riteniamo attinente a una quotidianità “normale”, persino vuota e opaca, sembra essere possibile.
I protagonisti (in)volontari, (in)coscienti di questa storia, o forse è meglio dire “queste storie”, sfilano dinanzi ai nostri occhi senza sobbalzi e fratture improvvise, immersi in un'atmosfera perenne di calma apparente ma al contempo autentica, raccontati attraverso lunghi e silenziosi campi panoramici di una Gaza ora desertica, ora favela, ora ricca metropoli occidentale, ora polveriera pronta a esplodere da un momento all'altro.
Antar, aspirante rapper in un luogo in cui è proibito eseguire rap in pubblico; Noor, affascinante giovane donna con una carriera da giornalista TV di tutto rispetto; Jabber, contadino destinato a convivere col terrore dei bombardamenti israeliani a poche centinaia di metri dal confine; Moemen, fotografo disabile che seguita, nonostante tutto, a voler documentare la vita e la politica della propria città; i pescatori con le barche crivellate dai colpi di soldati nemici o troppo arroganti o troppo impressionabili; il canto del muezzin che risuona ed echeggia dai minareti; gli scatenati ragazzi acrobati del Parkour Team che piroettano in un cimitero.
La vita, nella Striscia di Gaza, scorre perché non può fare a meno di continuare a scorrere, nonostante tutte le minacce che gravano sui cieli, sui mari e sulla terra. Quando giunge la notte, la spiaggia è ormai vuota: le mante sono state tutte squartate e la loro carne portata via; in un cielo violaceo, gli scafi malridotti dei pescatori fanno ritorno al porto. La giornata volge al termine. Che cosa mai si troverà, il giorno dopo, sulla spiaggia di Gaza? Forse la reale inquietudine è insita in questa domanda inespressa, ma che, come Striplife sembra volerci suggerire, è in grado di manifestare tutto l'orrore di una condizione esistenziale quotidianamente posta sull'orlo della tragedia imminente.