“Progettare un’idea di Festival richiede tempo. Questo è il quarto anno e credo di poter dire che è ormai chiaro quale sia il tipo di Festival che vogliamo proporre: una forte identità, che non si pone contro il mercato ma che non si adagia alle esigenze dello stesso. La Mostra ha scelto un giusto crinale, non facile da percorrere, una strada contro nessuno ma che vuole attraversare la complessità del cinema contemporaneo facendo delle scelte, a volte magari poco coerenti, spaziando dalle grandi anteprime hollywoodiane a numerosi debutti, dai grandi autori conosciuti a registi di cinematografie ancora poco esplorate”.

Alberto Barbera introduce così il programma di Venezia72, svelato questa mattina alla stampa. 21 film in concorso (“una piccola deroga che mi sono concesso rispetto ai paletti autoimposti per le scorse edizioni”), quattro diretti da registi italiani (Bellocchio, Gaudino, Guadagnino e Messina): “Uno in più rispetto all’edizione passata, ma questo non significa che lo stato di salute generale del cinema italiano sia ottimo. Si producono troppi film, se è vero che quest’anno sono stati più del doppio di due anni fa, realizzati con le stesse risorse economiche di allora: non è la quantità che indica lo stato di salute ma la qualità dei prodotti. Viviamo ancora in un periodo di luci e ombre, una situazione complessa al netto di qualche indiscutibile ottimo titolo”.

Ottimi titoli che, assicura Barbera, troveremo anche quest’anno nelle varie sezioni della Mostra. Che, ancora una volta, si propone quale “luogo che offra allo spettatore la possibilità di una conoscenza più approfondita, un avvicinamento alle opere realizzate con l’intento di favorire una dilatazione delle percezioni”, come spiega Paolo Baratta, presidente della Biennale di Venezia.

“Ricerca è un termine che ci piace – prosegue Barbera – ed è una parola che in qualche modo rivendica un ruolo ben preciso per la Biennale: proviamo a non appiattirci sul già noto, su quello che tutti si aspettano di trovare in un programma di un Festival, proponendo un programma per certi versi spiazzante”.

Un programma che, sottolinea Baratta, mai come questa volta si apre ai volti nuovi: “Dei 21 film in concorso, 16 sono realizzati da registi per la prima volta in gara per il Leone d’Oro, 14 da registi che per la prima volta sono stati selezionati a Venezia”.

Per quanto riguarda le tematiche, invece, Barbera spiega: “L'unica tendenza che trovo è che molti film prendono spunto da fatti realmente accaduti. Come l’atteso di lavoro di Cary Fukunaga (regista della prima stagione di True Detective), Beasts of No Nation, tratto da un libro che racconta le vicende di bambini soldato di un paese africano. O il nuovo film del Leone d’oro Alexandr Sokurov, Francofonia, che racconta il Louvre e la Francia durante l’occupazione nazista. Penso anche a The Danish Girl di Tom Hooper (biopic con il premio Oscar Eddie Redmayne, ndr) e al nuovo film di Amos Gitai (Rabin – The Last Day), forse il suo più bello di sempre, che racconta l’ultimo giorno di vita di Rabin”.

E gli assenti, su tutti Crimson Peak di Guillermo Del Toro? “La spiegazione è molto semplice, dice ancora il direttore della Mostra, il film non c'è perché la Legendary Pictures non vuole mandarlo a nessun festival. Il film è davvero molto bello e il regista sarebbe venuto ben volentieri, ma non c'è stato nulla da fare”.