Se c'è una cosa che non si può rimproverare al Batik film festival (a Perugia dall'8 al 15 dicembre), è il coraggio di essere rimasto sempre se stesso. Il che non è necessariamente un merito, ma lo diventa nel momento in cui altri festival cosiddetti maggiori (leggi Torino), si ritrovano a dover fare i conti con la loro doppia anima. Da un lato la tendenza ad offrire proposte di nicchia, dall'altro, quasi per bilanciare, la scelta di confezionare un prodotto accessibile più facilmente a tutti. Batik non vive questo dilemma. Alessandro Ricci Riccini, direttore giovane ma già storico del festival, tiene il timone dritto e ci propina un programma da far tremare i polsi anche ai cinefili più incalliti e irrecuperabili. I duri e puri della pellicola, ma anche del digitale. Tostissimo cinema cinese e giapponese, sezioni di "non riconciliati" e "cinema di contatto". Ecco, se c'è una cosa che si può rimproverare al festival perugino è quello di essere, almeno nella terminologia, parente stretto del lessico ghezziano di Fuori orario. Troppo stretto. Forse perché Batik è anche figlio della televisione, ma anche in questo riesce ad essere estremo. Da Ciprì e Maresco a Rossellini passando per l'Archivio audiovisivo del Movimento Operaio. Il tema conduttore dell'edizione 2004 è l'Eresia, non tanto intesa in senso storico, quanto come attitudine alla differenza, al non voler seguire i dogmi o il mainstream imposto dall'industria dello spettacolo e dell'intrattenimento. Gli eretici nel cinema sono dunque i registi cinesi censurati dal regime, il cinema radicale di Straub e Huillet, l'utopia della televisione di Zavattini o di Rossellini, il cinema di Vigo. Tra gli ospiti della manifestazione Gianni Amelio, Michele Placido, Maya Sansa, Luigi Lo Cascio, Silvio Orlando e Sergio Castellitto.