Non per fare gli uccellacci del malaugurio, ha già parlato il box office: al debutto in sala, Birds of Prey e la fantasmagorica rinascita di Harley Quinn ha pigolato. Da noi ha fatto un milione e mezzo di euro in sette giorni, negli Usa è uscito dal primo weekend ben al di sotto delle aspettative, e proiezioni, di incasso: 33 e rotti milioni di dollari su 4.236 schermi, assai lontano dalla forbice 45-55 preventivata. Perché questo ormai probabile flop?

Le recensioni non sono negative, soprattutto al confronto del Suicide Squad di cui è lo spin-off non troppo dichiarato (non un sequel ma un abborracciato standalone): 81% di giudizi positivi sull’aggregatore critico Rotten Tomatoes, 60/100 su Metacritic, laddove il film di supercattivi di David Ayer si era guadagnato rispettivamente 27% e  40/100.

Di mezzo c’è anche la differente classificazione: R per Birds of Prey, PG-13 per Suicide, che aprì con 133 milioni in Nord America. Eppure, può spiegare questi cento milioni di differenza, ancor più dopo che Joker, altro R-rated ha superato il miliardo globale?

No, il dato forse più rilevante è la composizione del pubblico, per il 65% maggiore di 25 anni e – udite, udite – per un risicato 51% femminile.

Ma come, si punta tutto sul women’s empowerment, si abbracciano dichiaratamente le istanze del #MeToo, non solo davanti ma anche dietro la camera con – ha detto la regista Cathy Yan, seconda donna e prima asiatica(-americana) a dirigere un film DC – “donne che insieme sono più forti che da sole” e poi proprio le donne, e le più giovani, ti mollano?

Qualcosa non va, anzi, qualcosa è nato storto: facendo seguito al successo di Wonder Woman di Patty Jenkins (2017, 821 milioni di dollari di incasso globale, il 4 giugno prossimo arriverà nelle nostre sale il sequel), la Warner ha assecondato il desiderio dell’attrice protagonista e produttrice Margot Robbie di avere una regista donna, la carneade Yan appunto, a dirigere un “female-led girl-gang film”.

Donne ovunque, dunque, tranne che in coda al botteghino, e come mai questo mancato specchiarsi, e rispecchiarsi, nelle avventure di Harley Quinn e compagne?

Per rimettere il film in carreggiata, espediente invero pietoso, in America gli hanno cambiato il titolo, da Birds of Prey (And the Fantabulous Emancipation of One Harley Quinn) a Harley Quinn: Birds of Prey, ma il problema di queste programmate rapaci rivelatesi uccelline alla prova dei fatti è proprio alla nascita: anziché il nido autoriale hanno trovato l’incubatrice industriale, con la lampadina del #MeToo accesa a tavolino.

Non sempre cavalcare lo Zeitgeist porta consiglio e danaro, e le prime a non cascarci, a non colludere sono state proprio le spettatrici ideali, le donne, in particolare le giovani donne. Chirp.