Sono stati scelti dei palloncini verdi per rendere omaggio a Jafar Panahi. Un simbolo di speranza per ricordare il regista iraniano condannato in patria a 6 anni di carcere e a 20 di divieto d'esercizio della professione, di contatti con la stampa e di viaggi all'estero.
L'iniziativa, indetta da Cinecittà Luce e Articolo 21, ha visto il cinema italiano - con Stefania Sandrelli come madrina - stringersi attorno al cineasta recluso e a Mohammad Rasoulof , collega e connazionale a cui è toccata in sorte la stessa pena.  E' l'onorevole Beppe Giulietti a esordire in rappresentanza delle istituzioni politiche: “Ogni volta  che un bavaglio limita la libertà d'espressione, anche nel luogo più remoto della terra, l'umanità intera viene derubata di qualcosa”. “Questa sera - prosegue il portavoce di  Articolo 21 - è dedicata anche a tutti gli intellettuali che lottano in paesi come l'Egitto e la Libia, agli scrittori e ai blogger che sono in carcere in nome dei loro ideali”. “Non dobbiamo dimenticare - interviene Luciano Sovena, ad di Cinecittà Luce - che Panahi è stato privato di un suo diritto inalienabile solo per aver scritto un soggetto giudicato sovversivo dal regime, per questo è nostro preciso dovere continuare a diffondere e a promuovere la cinematografia iraniana, come abbiamo fatto in passato”. “Nella speranza - interviene Steve Della Casa - che questi grandi registi possano tornare presto a lavorare. Perché il loro modo di vedere il mondo ci manca e ci mancherà”. 
Far valere le ragioni democratiche a favore di coloro a cui è stata tolta la possibilità di esprimersi. Questo chiede a gran voce Andrea Purgatori, invitando il governo italiano a schierarsi in difesa dei diritti umani. “Ancora una volta - spiega il coordinatore dei 100 Autori - ci troviamo di fronte ad una questione politica. Niente si può barattare con la libertà d'espressione: nemmeno il petrolio. Gli iraniani hanno bisogno di aiuto e l'Italia non può più essere per loro solo un partner commerciale”. Lo stesso per l'onorevole Giulietti che esorta le istituzioni “ad occuparsi di quei popoli che non hanno ancora delle norme a tutela dei principi inalienabili dell'uomo, a cominciare dal 17 marzo”.
E mentre il regista Ugo Gregoretti cita l'arringa difensiva pronunciata a Teheran da Panahi, c'è chi ricorda per analogia la vicenda di Gramsci, condannato dal tribunale fascista a 20 anni di reclusione: “Perché bisognava impedire che quel cervello funzionasse”, dice Giulietti.
“Tra pochi giorni - spiega Ahmad Rafat - ci sarà il terzo ed ultimo grado di giudizio, dopo il quale il cineasta dovrà scontare la pena inflitta, senza ulteriore possibilità d'appello”. Le parole dello scrittore incalzano e sottolineano la necessità di un intervento imminente e repentino: “La protesta non deve fermarsi tra queste mura ma deve andare avanti, affinché possa essere davvero efficace”.  
La manifestazione proseguirà stasera a Torino, mentre già l'8 aprile uscirà in sala Offside, l'ultima pellicola di Panahi distribuita da Bolero Film.  “In attesa di una svolta, vogliamo continuare a promuovere e supportare il cinema della diaspora", conferma Marco Muller. “Quelle opere nate in cattività da firme come Abbas Kiarostami e Shirin Neshat, che nonostante l'esilio forzato, riescono a mantenere vivi i tratti distintivi di una cinematografia patrimonio dell'umanità”.
Questa sera si replica a Torino, al Cinema Massimo, con un evento di solidarietà a Panahi organizzato da Museo del Cinema e Cinecittà Luce: a seguire, verrà proiettato, appunto, Offside.