Nel 1986 arriva nelle nostre edicole L'alba dei morti viventi, primo numero di una collana (edita da Sergio Bonelli) che avrebbe cambiato per sempre la storia del fumetto italiano. Il protagonista è un ragazzo che per fisionomia ricorda Rupert Everett, indossa (e non si cambia mai, nemmeno in inverno) camicia rossa, giacca nera, jeans e un paio di Clarks chiare. Non fuma, non beve, è vegetariano, s'innamora sempre delle sue clienti e guida un maggiolone Volkswagen. L'hobbie è il clarinetto, la sua ossessione un modellino di galeone destinato a non essere completato mai. Abita a Craven Road 7, Londra. Il suo lavoro è uno di quelli che non temono concorrenza: indagatore dell'incubo. Se non avete ancora capito chi è vuol dire che anche il vostro è un caso per lo specialista dell'assurdo: Dylan Dog.
25 anni dopo la sua prima avventura di carta l'eroe di culto ideato da Tiziano Sclavi sbarca al cinema - per la precisione ci aveva già provato, ma con pseudonimo e risultati tutt'altro che entusiasmanti, con Dellamorte Dellamore di Michele Soavi (1994) - in un film americano, ambientato a New Orleans e orfano dei due principali compagni di ventura del personaggio dei fumetti: Groucho - omonimo e sosia del baffuto dei fratelli Marx, fido assistente del nostro e impareggiabile comico di parola - e Bloch - l'ispettore di Scotland Yard. Sulla presenza del primo è arrivato il veto degli eredi dei Marx, su quella del secondo l'evidente incongruenza semantica di un funzionario di Scotland Yard a New Orleans. Anche la Disney ci ha messo del suo, negando ai produttori del film l'utilizzo del bianco maggiolone Volkswagen, che qui ritroviamo a colori invertiti (nero con la cappotta bianca).
Insomma ce n'è abbastanza (ma c'è molto altro) perché Dylan Dog - Il film - da domani in 300 sale distribuito da Moviemax - provochi il mal di pancia dei fan del fumetto italiano: "E' il rischio che si corre ogni qual volta tocchi qualcosa di sacro - si difende il regista, Kevin Munroe -. In questo caso, poi, avevamo un'edizione inglese del comic che non ha la stessa profondità di quella italiana. Ma non dobbiamo dimenticare che è un adattamento, che fumetto e cinema sono mezzi espressivi diversi. E che la cosa veramente importante è riuscire a catturare lo spirito dell'originale". Impresa nella quale, evidentemente, Munroe è convinto di essere riuscito: "Sicuramente nel film c'è meno gore perché la volontà dei produttori era realizzare un prodotto che raggiungesse una fetta importante di pubblico (in America Dylan Dog uscirà vietato ai minori di 13 anni, in Italia sarà per tutti, ndr). La cosa che però lo unisce al fumetto e che mi ha affascinato da subito quando ho letto la sceneggiatura, è la possibilità che avevamo di ricreare un mondo tutto nuovo. E abbiamo mantenuto la qualità-principe del protagonista: la sua dimestichezza col surreale, che preferisce senza dubbio alla realtà".
Nella finzione cinematografica Dylan Dog - interpretato dal palestrato Brandon Routh (già visto in Superman Returns) - è andato in pensione dall'incubo. Non vuol più saper parlare di mostri, fantasmi, eventi paranormali. La sua attività d'investigatore si limita ormai a casi di corna e sconvenienti abbandoni del tetto coniugale, che risolve grazie anche alla collaborazione di Marcus (Sam Huntington), l'aiutante fifone e isterico che vorrebbe diventare suo socio. La routine ("Il mio piano è fare le stesse cose per i prossimi 30 anni", dirà Dylan) viene interrotta però dalla chiamata di una giovane donna (Anita Briem) che ha trovato il padre dilaniato dai morsi di una creatura enorme e pelosa. La stessa che poco dopo azzannerà una delle persone a lui care: basta e avanza perché l'istinto da segugio di mostri si risvegli e Dylan Dog torni a fare quello che gli riesce meglio: scovare vampiri, zombie e licantropi. "La location ci ha aiutato parecchio ad entrare nelle atmosfere del film - confessa Munroe - perché New Orleans è davvero una città piena di fantasmi. Mette paura e allo stesso tempo affascina". Eppure se avesse la possibilità di girare un sequel, il regista riporterebbe "il personaggio in Europa, girando magari qualche scena in italia e reintroducendo nella storia Bloch e Xabaras". Ambizione che potrà essere realizzata - sembra - solo col lasciapassare degli aficionados: "Aspettiamo di vedere come verrà accolto questo in sala", ammette il regista. Sia che alimentino i suoi sogni di celluloide, sia che lascino l'investigatore coi propri incubi di carta, l'ultima parola sul futuro al cinema di Dylan Dog spetta proprio a loro, i temibilissimi fan. Ci aveva pensato Munroe?