Si avvicina l’8 ottobre e la seconda serata, che sarà una prima edizione bis, di SAMPLE, la rassegna voluta caparbiamente dal vulcanico fotografo ed editor Tony Solis negli spazi del Cine Tonalá a Città del México: si riproporranno tutti i Fashion Film presentati lo scorso 24 agosto, in attesa di marzo 2017 e della nuova tappa ufficiale. Una ghiotta occasione per (ri)vedere tra gli altri i lavori del fotografo Ivan Aguirre (Born to transform), e della modella Luba Ramirez (Città del Messico, 1992).

“Sono 100% messicana anche se il mio nome è russo: vuol dire amore…”- ammette, raggiunta al DF. “Tre anni fa ho partecipato al mio primo film, dopo di che mi hanno contattata in molti per partecipare a vari corti. Questo è quello che voglio fare davvero”.

Oltre ad avere un ruolo importante nel mondo della moda, Luba Ramirez ha partecipato alla Pánico Tv della rivista omonima di Tony Solis come presentatrice e intervistatrice, e a svariate clip musicali di gruppi messicani sicuramente da “provare” come The Guadaloops, Zoé, León Larregui, per passare al mondo anglofono con il progetto dei Disclosure, cantante Sam Smith, fino ad annoverare conoscenze che non ti aspetti, come il cantante ed attore Till Lindemann, frontman dei Rammstein, storico gruppo metal industrial tedesco.

Prima di SAMPLE, aveva partecipato nel 2014 alla Cannes Short Film Corner come protagonista di Soy Fuego di Jonathan Ostos Yaber, lei cameriera persa nel suo mondo, da cui si ridestava a causa di una violenza subita, che la portava a far esplodere il fuoco non solo figurato che avvampava dentro di lei.

Una tensione drammatica che caratterizza la produzione della poliedrica Ramirez, tanto che sorprende scoprire la sua verve comica: su Facebook autosoprannominatasi “La Klaus Kinski” perché “mi affascina molto la leggenda che lo avvolge”, naturalmente mora ha avuto un passato da bionda protagonista di gag che si possono trovare sulla rete. Qui ha partecipato al gioco a suon di memes che ha impazzato per contrappore le produzioni cheap del canale tematico messicano Blim di Televisa a quelle “luxury” di Netflix, che si cerca meschinamente di scimmiottare. Alla kermesse di Solis la volta del Fashion Film Kuebiko, e la trans emotiva si fa di nuovo intensa.

“È la mia prima esperienza di produzione e regia. Ho avuto la fortuna di non farlo da sola, ma con Diego Cataño, a cui fin dal principio ho raccontato del poco tempo che avevamo per girare, editare, avere tutto pronto, ed è entrato nel progetto per aiutarmi a dargli forma in toto”.

Kuebiko, che annovera un poster di pregio relizzato dall’artista Reez Ruiz e che dalla prossima settimana avrà l’onore di essere fruibile sulla piattaforma digitale della francese Purple Tv, trova il suo significato direttamente da "El diccionario de Obscuros Lamentos”.

“È uno stato di annichilimento causato da atti di violenza senza senso. Un Kuebiko è una kami (divinità) giapponese, uno spaventapasseri saggio, che sta tutto il giorno osservando il mondo scorrere senza poter far niente. Stavo cercando una sola parola che potesse definire questo stato d’impotenza e un amico mi ha mandato il link del Dizionario: trovata!”

L’opera inizia con una presenza (spaventapasseri) oscura (Ramirez) che cammina in uno spazio bianco, per passare a la lei “reale” che si trova su di un letto, da cui a fatica si alza per una doccia di sangue… Con frasi che elencano le difficoltà di un mondo che sembra appartenere a quello molto personale della modella, al suono di “ Devi essere naturale, normale, essendo però straodinaria”, termina con il mantra suggellato dal ritorno dello spauracchio in nero: “La bellezza a volte è brutta”.

Quanto c’è di te?

Nasce da una storia molto personale: mi mette ancora a disagio anche il solo vederla rappresentata… Ho però amato molto poterlo realizzare, e creare una “presenza” in cui condensare il mio bisogno di parlare di morte.

Com’è stato lavorare in equipe?

Mi sono seduta a parlare con Diego, e "Spoq" (sceneggiatore), per realizzare lo screenplay. Diciamo che sono coinvolta nella storia originale, la produzione e la direzione della storia insieme a Diego, e nella supervisione della musica, per me la parte che dà maggior forza insieme alle intenzioni più sarcastiche.

Cosa significa davvero?

Non mi piace dare una spiegazione scritta. Certo, credo che debba avere una premessa, però come si vive l’opera è un’esperienza differente per ogni persona. L’unica cosa che mi piacerebbe davvero è che qualcuno ci si potesse identificare.

Cosa pensi del grande movimento in corso per la creatività messicana?

Credo che sia qualcosa che si dovesse fare da tempo! Mi fa molto piacere che esista ora una maggiore esigenza di qualità nella produzione creativa in genere, uno scenario ben definito in cui potersi muovere.

Hai parlato del tuo primo lungometraggio: di cosa si tratta?

Preferisco non approfondire…In Messico l'anno scorso si sono prodotti 160 film indipendenti, di cui solo 80 sono stati distribuiti. Si produce molto cinema, che sfortunatamente nessuno vede: il mio fa parte di quelli che stanno aspettando… Del resto, si girano tantissime produzioni straniere qui perché è più economico. Ci manca vedere più cinema “nostro”! Per quanto mi riguarda sono in pre-produzione per un paio di progetti come attrice e mi sto preparando a scrivere il mio secondo cortometraggio.