(Cinematografo.it/Adnkronos) - Un uomo, sì: ma anche un tutt'uno con la più grande passione della sua vita, il cinema. E' questa la pennellata dominante che tratteggia la figura di Giuseppe Tornatore in Giuseppe Tornatore: ogni film un'opera prima, il documentario scritto e diretto da Luciano Barcaroli e Gerardo Panichi dedicato all'autore di Nuovo Cinema paradiso, che debutta sul grande schermo il 18, 19 e 20 marzo nelle 36 sale del circuito The Space Cinema, come esclusivo evento The Space Extra. Il doc, distribuito da The Space Cinema e Qmi, sarà proiettato anche in altre 30 sale in Italia.
Un affresco professionale e umano, intimo e artistico, di uno dei più apprezzati registi al mondo, a metà strada tra la biografia e l'indagine creativa. "In genere a questo tipo di cose dico di no, ma questa volta ho accettato perché mi ha colpito il tipo di approccio - ha detto Tornatore alla presentazione romana del doc alla stampa - l'originalità dell'impanto produttivo aveva in sè una curiosità critica. Mi sono fatto sedurre".
I due registi, non nuovi alla co-realizzazione di documentari su grandi registi, tra cui Rosy-fingered Dawn: Un film su Terrence Malick (2002), gli hanno 'estorto' moltissimo del suo privato usando "una strategia sottile - ha raccontato il regista siciliano - che prevedeva non tutto e subito, ma interviste cicliche, a più riprese, non invasive. E così mi hanno fatto dire molto più di quello che avevo in mente all'inizio".
Il progetto del documentario è articolato: rari filmati di repertorio, molte testimonianze tra cui quella di Monica Bellucci, Tim Roth, Ennio Morricone, Sergio Castellitto, il direttore della fotografia Blasco Giurato e gli scomparsi Ben Gazzara e Tonino Guerra, cui il film è dedicato. Quello che esce fuori è "un ritratto in cui mi riconosco -ha ammesso il Premio Oscar per 'Nuovo Cinema Paradiso- e quando non mi riconosco è perchè il documentario mi sorprende"."Abbiamo deciso di fare un film su Tornatore - ha spiegato Gerardo Panichi - perchè ci sembrava allo stesso tempo conosciuto ma anche sconosciuto ai più. Inizialmente, volevamo intitolarlo proprio Lo sconosciuto (parafrasando il film dello stesso Tornatore, La sconosciuta, interpretato da Ksenia Rappoport, ndr)".
Dopo aver portato sul grande schermo cineasti stranieri "la curiosità di affrontare il cinema di Tornatore e parlare di un regista italiano è stato come tornare a casa per noi", ha aggiunto Luciano Barcaroli. Fortissime la determinazione e la passione per il cinema del regista siciliano che emergono dal film, nel quale viene riproposto - tra l'altro - uno stralcio di una riunione durante la realizzazione di Una pura formalità (1994) nella quale il regista si infervora a causa di uno stallo nella lavorazione della pellicola.
"Detesto le infatuazioni - dice Tornatore in una delle frasi clou del documentario - reputo decisiva l'incubazione di una storia. Se dopo dieci anni ancora una storia ti attrae, ti convince e ti costringe ad utilizzare una parte della tua vita a ripensarla e a rimodellarla e a ridisegnarla, vuol dire che c'è qualcosa in quella storia che ti appartiene. Quando hai scoperto questo puoi fare un film". La presentazione romana del documentario è stata l'occasione per fare il punto sui prossimi progetti del Premio Oscar, ma Tornatore non si è sbilanciato. "Si è parlato recentemente del kolossal Leningrad, che da sempre vorrei realizzare, come se fosse in procinto di nascere, ma purtroppo non è così, non è affatto sicuro -ha rivelato-. Quello che posso dire è che a distanza di 13 anni ancora stiamo parlando di come realizzarlo, di come farlo costare di meno (si era parlato di cifre attorno ai 100 milioni di dollari, ndr), di come far dimagrire i personaggi in breve tempo. Ci sono dei problemi insormontabili, ma sicuramente se ne stiamo ancora parlando quella non è un'infatuazione". Ma se anche il progetto non dovesse andare in porto, Tornatore ha le idee molto chiare: "Se questa volta non si dovesse riuscire a farlo -ha rivelato- ho deciso definitivamente che non lo farò. Pubblicherò la sceneggiatura e diverrà anzichè un film, un libro". Che cosa succederà in quel caso non è dato saperlo. "Ho già un piano B - ha concluso scherzosamente il regista siciliano - ma non lo vengo certo a dire a voi adesso". Detesto le infatuazioni -dice Tornatore in una delle frasi clou del documentario- reputo decisiva l'incubazione di una storia. Se dopo dieci anni ancora una storia ti attrae, ti convince e ti costringe ad utilizzare una parte della tua vita a ripensarla e a rimodellarla e a ridisegnarla, vuol dire che c'è qualcosa in quella storia che ti appartiene. Quando hai scoperto questo puoi fare un film". La presentazione romana del documentario è stata l'occasione per fare il punto sui prossimi progetti del Premio Oscar, ma Tornatore non si è sbilanciato.