“Spero che il pubblico di Skam Italia non si faccia condizionare dai toni sgradevoli usati in questi giorni nei confronti di Silvia Romano”. A parlare è Ludovico Bessegato, regista e sceneggiatore di Skam Italia, serie di dieci episodi, giunta alla sua quarta stagione e disponibile su Timvision e Netflix dal 15 maggio, che mette al centro un argomento “complesso e pieno di sfumature”, e oggi più che mai attuale, ovvero la storia di una ragazza italiana, musulmana praticante, che vive nel nostro paese.

“Un argomento che era sempre stato affrontato in modo laterale fino ad ora in Italia - prosegue-. Noi ci siamo presi la libertà di trattarlo pienamente e di non dare risposte, ma di provare a porre qualche domanda al pubblico”.

Protagonista questa volta è dunque Sana, interpretata da Beatrice Bruschi, una giovane musulmana, raccontata al di fuori degli stereotipi, con la sua vita e i suoi problemi: dalla famiglia alle amiche fino agli amori.

“Sana è una ragazza di seconda generazione, con una fede molto forte, che vive un perenne conflitto tra la sua religione e la voglia di fare la vita sociale propria della sua età e di poter vivere la sua vita sentimentale liberamente. Per lei è molto importante che tutti capiscano che lei è così credente per sua scelta e non per imposizione della famiglia”, dice Beatrice Bruschi. Nel cast anche Mehdi Meskar, nel ruolo di Malik, l’amico del fratello di cui si invaghisce Sana: “Un giovane ragazzo italiano di origini marocchine, anche io sono un italiano di seconda generazione - dice l’attore-.  E’ uno che ama prendersi cura degli altri e questa è una serie che mostra una realtà sociale che spesso non si vede”.

Dietro questa quarta stagione voluta a furor di popolo non solo un lungo lavoro di ricerca (“era un argomento che non conoscevo, mi ha aiutato molto Sumaya Abdel Qader, che è stata la consulente alla sceneggiatura”, dice il regista), ma anche tante complessità legate alla produzione e all’adattamento (“nasce sempre dall’originale norvegese, ma non è un remake e non ci si limita a tradurre i copioni e nel rispetto delle linee guida abbiamo trovato una nostra autonomia tanto che poi siamo stati anche molto apprezzati all’estero dalla stampa internazionale”) . “Su 30 giorni di riprese ha piovuto per 29 giorni e mezzo - racconta il regista-. Poi questa pandemia mondiale ci ha costretti a montare questa stagione da casa su zoom, cosa che vi assicuro non è molto semplice. Abbiamo lavorato anche il weekend per cercare di dare ai ragazzi un prodotto che amano tanto”.

E sull’argomento trattato nella serie: “La diversità è una delle caratteristiche fondanti del progetto Skam per permettere al pubblico di entrare in contatto con qualcosa per cui non si è abituati a provare empatia. Quando incontri una persona non sai mai che battaglia sta combattendo quindi sii gentile sempre: è questo il messaggio di Skam. I personaggi delle varie stagioni possono a loro modo destare dubbi e pregiudizi: Eva aveva tutta la scuola contro perché aveva rubato il fidanzato alla migliore amica, Martino era un bugiardo e manipolatore, Edoardo un maschilista e superficiale, infine Sana è un personaggio un po’ spigoloso e arrogante, in più porta il velo. Quando entri nel mondo di una persona hai meno voglia di giudicarla e più voglia di capirla e di entrare in relazione con lei”.

Ma il velo genera pregiudizio? A che punto siamo in Italia con l’integrazione? “Penso che ci sono più Italie- risponde Sumaya Abdel Qader-. C’è un’Italia accogliente e una invece che fa poco per adattarsi ai tempi. Grazie a questa serie finalmente vediamo qualcosa di nuovo e importante. Una narrazione che racconta cosa vuol dire essere musulmani in Italia e nello specifico essere donne musulmane”.  E poi sull’Islam: “E’ un concetto astratto che diventa reale nel momento in cui è vissuto dalle persone. C’è chi lo traduce in senso più estremo ed estremista e chi in senso più progressista. Per me ci deve essere libertà. Un principio fondamentale del Corano è: non c’è costrizione nella fede. Una fede non può restare rigida e immutabile, tutto deve essere compreso alla luce dei cambiamenti e delle sensibilità. Deve rispondere alle esigenze delle persone, che cambiano nel tempo. Non può rimanere cristallizzata”.

E sempre sul mondo musulmano interviene il regista Ludovico Bessegato: “La narrazione fatta sui media del mondo musulmano è quasi sempre di un certo tipo e non si può neanche pretendere che le persone sviluppino empatia nei confronti di un mondo spesso raccontato come totalmente maschilista, che toglie la libertà e fatto di terroristi ed estremisti”. Infine anche Sumaya interviene sul caso di Silvia Romano: “Si pone la questione della libertà di scelta. Sana fa la scelta di portare il velo e di essere musulmana. Silvia dice di aver fatto una scelta. Chi siamo noi per giudicare se è vero o meno? Il dubbio è legittimo. Specialmente nelle condizioni di una ragazza che non era in vacanza, ma era prigioniera di un contesto criminale. Il problema è il passaggio dall’avere il dubbio al cominciare a costruire scenari, insulti e minacce che sfociano nell’intolleranza e nella violenza. In questo momento l’Italia avrebbe dovuto soltanto accogliere Silvia. Doveva essere il momento dell’accoglienza e non del giudizio”.