“Il segreto della nostra serie? Ogni personaggio non è una caricatura ma un essere umano con cuore e anima che porta empatia. E anche la maschera di Salvator Dalì è diventata una forma di rivoluzione”. Così Ursula Corbero, una delle protagoniste della Casa di Carta, la serie creata da Alex Pina e diretta da Jesus Colmenar, che racconta le avventure di una banda di ladri stile Robin Hood, capaci di organizzare colpi mirabolanti e donare parte del bottino agli ultimi della società.

La terza stagione arriva su Netflix dal 19 luglio in oltre 190 Paesi. Con le prime due parti è la fiction in lingua non inglese più vista sulla piattaforma digitale. Ogni componente della banda ha, come nome in codice, quello di una città. E, anche grazie a questo trucco, riesce a sottrarre un miliardo di euro dalla Zecca di Stato spagnola. Dopo la fuga il Professore – il capo della banda – riceve una chiamata: uno dei suoi è stato catturato. L’unico modo per salvarlo e proteggere il segreto di tutti è riunire il gruppo per un nuovo colpo, il più grande mai realizzato. Per capire se si tratterà di un altro “successo” occorrerà seguire le puntate.  Qualche anticipazione i protagonisti la concedono, senza spoiler però.

Riprende Ursula, alias Tokyo: “In questa prossima stagione vedremo una Tokyo meno bambina, molto più donna e più paziente”. Ma nessuna indulgenza a vecchi stereotipi femminili, anzi: “Quando ho letto il primo copione mi sono stupita delle parti forti delle donne, del ruolo di primo piano che avevano a volte anche rispetto agli uomini”.

Sul ruolo delle donne interviene anche Esther Acebo, che nella nuova stagione sarà Stoccolma: “Questa volta non sono più solo segretaria, mamma o moglie, ma soprattutto una donna che vuole prendere le sue decisioni, che vuole partecipare a questo golpe. Ci saranno dei conflitti, il fatto di avere un figlio piccolo è un problema in più, ma il mio personaggio sa cosa vuole e sa come raggiungerlo”.

Altra scelta originale, che viene riproposta anche in questa terza serie, quella della maschera di Dalì che il gruppo indossa durante i colpi. “La maschera di Dalì un simbolo politico? Sta succedendo così – dice Luka Peros, al debutto quale Marsiglia - ma non ce lo aspettavamo. È andato tutto di pari passo, prima il boom della serie, e poi la maschera come simbolo rivoluzionario, con cui la gente può identificarsi”. E nella colonna sonora c’è Bella ciao: “E’ una canzone che ha un’anima, in un periodo come il nostro in cui un pugno di persone ha in mano la ricchezza e tutti gli altri soffrono”.