“È un bene che i giovani tornino al genere, perché così realizzano un cinema meno teorico e più innovativo”, afferma Emanuela Martini, direttore del Torino Film Festival. La 37a edizione, che avrà luogo dal 22 al 30 novembre, è stata presentata questa mattina alla Casa del Cinema di Roma. Presente anche Domenico De Gaetano, neo direttore del Museo del Cinema di Torino.

Già a partire dal manifesto con il volto dell’iconica Barbara Steele, prima attrice a ricevere il Gran Premio Torino, sarà un festival nel segno del genere. Grande retrospettiva dedicata all’horror classico: tra le chicche, La lunga notte dell’orrore sugli zombie haitiani e Dr Jekyll & Sister Hyde (in italiano Barbara, il mostro di Londra).

Tra le quindici opere prime, seconde o terze, giudicate dalla giuria presieduta da Cristina Comencini, da segnalare Le choc du futur, debutto di Marc Collin, cofondatore dei Nouvelle Vague; la distopia spagnola El hoyo; Beanpole di Kantemir Balagov, già a Torino due anni fa con Tesnota; Pink Wall, prima regia dell’attore Tom Cullen.

L’Italia è in gara con Il grande passo di Antonio Padovan, commedia nel solco di Carlo Mazzacurati interpretata da Giuseppe Battiston e Stefano Fresi. Now is Everything segna l’esordio in terra americana di Riccardo Spinotti (figlio di Dante, che produce e fotografa) e Valentina De Amicis.

Giuseppe Battiston e Stefano Fresi in "Il grande passo"

Sono quasi duecento i film che passeranno in tutte le sezioni del festival. Si apre con JoJo Rabbit di Taika Waititi, accompagnato da Roman Griffin Davis, interprete del bambino protagonista il cui amico immaginario è Adolf Hitler. In chiusura, Cena con delitto, classico whodunit diretto da Rian Johnson,

Festa Mobile si conferma la sezione più eterogenea. Per Martini il pezzo forte è la personale dedicata a Teona Strugar Mitevska, “tra le più importanti del cinema europeo contemporaneo”. Dell’autrice macedone verranno proiettati tutti i cinque film, compreso Dio è donna e si chiama Petrunya, in concorso a Berlino.

Ai già annunciati L’inganno perfetto e Lontano lontano si aggiungono, tra gli altri, lo scozzese Beats, coming of age in bianco e nero; Dreamland con Margot Robbie fuorilegge durante la Depressione; e Queen & Slim, fuga on the road nel cuore dell’America.

Doppio Abel Ferrara: Tommaso, già visto a Cannes, e The Projectionist, doc sul proiezionista di un cinema porno. Alejandro Amenábar presenta Mientras dure la guerra, cupa ricognizione storica sul franchismo. E poi La gomera di Corneliu Porumboiu, l’autore più ironico del nuovo cinema rumeno.

Nutrita la presenza italiana. Da Magari, esordio di Ginevra Elkann, a Simple Women, rilettura al femminile di Uomini semplici di Hal Hartley, passando per Nour, da un episodio della vita di Pietro Bartolo, fino a L’ultimo piano, esperimento collettivo dei neodiplomati della Scuola Gian Maria Volonté.

Non mancano i documentari. Mi chiamo Altan e faccio vignette è un omaggio all’artista, anche presidente della giuria che assegnerà il Premio Cipputi al miglior film sul tema del lavoro. Asia Argento è la narratrice di Frida. Viva la vida. E poi Colpiti al cuore, a cinquant’anni dalla strage di Piazza Fontana, e Vaccini. 9 lezioni di scienza.

Spazio anche per i restauri: La grande strada azzurra, nel centenario della nascita di Gillo Pontecorvo, e Il ladro di bambini di Gianni Amelio. Inoltre, una giornata intera dedicata all’universo creativo di Mario Soldati, tra televisione pionieristica e cinema da riscoprire.

Ritenuto disperso, ritrovato da Lorenzo Ventavoli (Premio Maria Adriana Prolo 2019) e restaurato dal Museo Nazionale del Cinema, riemerge Troppo tardi t’ho conosciuta di Emanuele Caracciolo, regista che divenne partigiano e fu ucciso nelle Fosse Ardeatine.

In TFFdoc, curata da Davide Oberto, la sfida resta quella di scoprire un cinema urgente e pieno di speranza. Il rapporto tra uomo e paesaggio è il grande tema della sezione.

Per il curatore Massimo Causo, Onde è la sezione in cui “il cinema si mette in gioco”. La punta di diamante è Synonimes, Orso d’Oro a Berlino. Focus su Brasile (Sofá e Yersterday There Were Strange Things in the Sky) e Portogallo (Sacavém, Six Portraits of Pain e Vitalina Varela, Pardo d’Oro a Locarno).

"Vitalina Varela"

Carlo Verdone è il guest director dell’edizione, che ha scelto cinque grandi emozioni: Viale del tramonto, Ordet, Divorzio all’italiana, Oltre il giardino, Buon compleanno Mr. Grape. “Solo chi non conosce davvero Verdone può rimanere stupito”, spiega Martini, che ha rincorso il regista e attore per tre anni, “è il figlio di un grande teorico del cinema e appartiene alla generazione dei cinefili”.

Programma vasto ed eterogeneo, nonostante il budget piuttosto snello rispetto ad altri festival (ma De Geatano ha aperto spiragli per incrementarlo). “Tutta la macchina costa un milione e novecentomila euro, più o meno come l’anno scorso”, rivela il direttore, chiarendo così l’assenza dei talents, considerato anche che gli americani sono impegnanti con la campagna per gli Oscar.

Inevitabile la domanda sul futuro di Martini (“non andrò mai in pensione!”), il cui contratto scade a fine anno: “senza falsa modestia, penso di aver dato molto alla città di Torino e molto mi ha dato la città di Torino”, ammette, “mi piacerebbe proseguire, ma sono altri che decidono”.