Che cosa si può fare con un budget di 2,6 milioni di euro? A scorrere il programma di Torino29, la terza edizione di Gianni Amelio (25 novembre-3 dicembre), pare bastino per realizzare un ottimo festival. 217 film di cui 32 anteprime mondiali, 16 opere in concorso, provenienti da 12 Paesi diversi, tra cui 50 e 50 di Jonathan Levine, Attack the Block di Joe Cornish, Mosse vincenti di Thomas McCarthy, con Paul Giamatti, e due italiani: I più grandi di tutti di Carlo Virzì, con Claudia Pandolfi e Alessandro Roja; Ulidi piccola mia di Mateo Zoni. Gli italiani presenti anche in altre sezioni, a incominciare da "Festa Mobile - Figure nel paesaggio", vedi Il corpo del duce di Fabrizio Laurenti; Il giorno in più di Massimo Venier, dal libro di Fabio Volo o Sic Fiat Italia di Daniele Segre, sul referendum Mirafiori del gennaio 2011 e Il sorriso del capo di Marco Bechis.
Scorrono i titoli: l'acquolina vien leggendo. Per non parlare della retrospettiva integrale Robert Altman e l'omaggio al giapponese Sion Sono. E il fiore all'occhiello, oltre agli attesi ospiti internazionali (e una bella giuria presieduta dal grande Jerry Schatzberg), rimane il Torino FilmLab, il laboratorio internazionale, in cui gli esordienti si confrontano con i tutor, i progetti migliori accompagnati passo dopo passo al traguardo. E se il regista finlandese Aki Kaurismaki riceve il Gran Premio Torino, il colpo mancino è la (doppia) chiusura del TFF con il nuovo Francis Ford Coppola, Twixt, in anteprima internazionale (e Albert Nobbs di Rodrigo Garcia), e l'apertura ufficiale affidata a Moneyball, con Brad Pitt in splendida forma. Forse non è un caso che il secondo film di Bennett Miller, basato sul libro di Michael M. Lewis, sia stato scelto come evento inaugurale: la vera storia di Billy Beane, general manager della Oakland Athletics, che nonostante un budget bassissimo riuscì a costruire una squadra di baseball di successo e fu imitato da tutte le altre, contiene un messaggio fin troppo esplicito. Gli altri festival sono avvertiti.