A Torino per presentare al pubblico California Split di Robert Altman, un film d'amicizie maschili nate attorno a un tavolo da poker e riproposto al TFF per la retrospettiva sulla New Hollywood curata da Emanuela Martini, Elliott Gould ha rivelato di essere stato prima che un grande attore "Un giocatore compulsivo". "Mi arrabbiavo troppo quando perdevo - ha aggiunto - e alla fine ho capito che quei soldi, invece di buttarli avrei potuto darli alla mia famiglia".
Gould, che a Torino sarà presente in un altro film di quella grande stagione americana, Smile di Michael Ritchie, ha parlato anche del suo mestiere d'attore definendolo "un bel mestiere, che mi ha dato da vivere e mi ha permesso di aiutare la mia famiglia e i miei nipoti". Un lavoro che spera di potere continuare a fare fino alla fine, a differenza di quello del regista: "Non sono portato per la regia - dice -. Non ci ho mai neppure pensato e non ho un bel rapporto con lo show business, che è essenziale per chi voglia intraprendere quel tipo di attività".
Nel ricordare Altman, Gould non ha auto esitazioni nel definirlo "il numero uno nel suo campo, non ne ho più trovati come lui". Anche se il panorama odierno del cinema americano è ricco "di tanti bravi giovani filmaker". Gli chiedono un nome e lui non si tira indietro: "Alexander Payne".