“Il cinema è nato a  Torino, e questo festival dalla nicchia ha saputo diventare grande, un punto di riferimento. D'altronde, la cultura è un grande asset della città: il luogo comune vuole che in tempi di crisi le vacche siano magre per la cultura, ma è una lettura datata e sbagliata”. Così il sindaco Pietro Fassino presenta la 29esima edizione del Torino Film Festival, diretto per il terzo anno consecutivo da Gianni Amelio e in programma dal 25 novembre al 3 dicembre.
Obiettivo, dice Amelio, “allargare gli orizzonti a un pubblico diverso: più pubblico, anche quello della domenica, meno nicchia, e non è una linea populista”, mettendosi sulla scia della Berlinale, perché “gli spettatori torinesi sono i nostri giudici, e un terzo di loro vuole fare cinema”. Sotto al Mole, continua il direttore, “non c'è red carpet né si chiedono autografi alle star”, ma si viene per vedere i film: 16 quelli in concorso, da 12 Paesi diversi, tra cui 17 filles di Delphine e Muriel Coulin, 50/50 di Jonathan Levine, Attack the Block di Joe Cornish (storia di copertina della Rivista del Cinematografo di novembre, in edicola), Win Win - Mosse vincenti di Thomas McCarthy, con Paul Giamatti, e due italiani: I più grandi di tutti di Carlo Virzì, con Alessandro Roja e Claudia Pandolfi; Ulidi piccola mia di Matteo Zoni, sulle ragazze di una casa famiglia.
Se Miracolo a Le Havre pre-aprirà il Festival il 24 sera e il regista finlandese Aki Kaurismaki l'indomani verrà insignito del Gran Premio Torino (Amelio ne ricorda “le 12 bottiglie bevute durante un viaggio, rimanendo perfettamente lucido…”), gli italiani popolano anche le altre sezioni del festival, a cominciare da Festa Mobile - Figure nel paesaggio: Il corpo del duce di Fabrizio Laurenti; L'era legale di Enrico Caria, mockumentary su Napoli anno 2020 senza rifiuti né camorra; Il giorno in più di Massimo Venier, dal libro di Fabio Volo con lui e Isabella Ragonese; Sette opere di misericordia dei fratelli De Serio, già a Locarno e con Roberto Herlitzka (Premio Maria Adriana Prolo alla carriera); Sic Fiat Italia di Daniele Segre, sul referendum Mirafiori del gennaio 2011; Il sorriso del capo di Marco Bechis, sull'educazione fascista del Bel Paese. Sempre in festa Mobile, ma in Paesaggio con figure: Into the Abyss di Werner Herzog, sulla pena di morte; George Harrison secondo Martin Scorsese; Tatsumi di Eric Khoo e il vietnamese With or Without Me, un passo doppio tra droga e Aids.
Ad aprire il festival Moneyball – L'arte di vincere di Bennett Miller, con Brad Pitt, a chiuderlo Albert Nobbs di Rodrigo Garcia, con Glenn Close en travesti, fuori concorso troviamo anche gli americani Bad Posture di Malcolm Murray, The Dynamiter di Matthew Gordon, The Descendants di Alexander Payne, con George Clooney, Midnight in Paris di Woody Allen, e ancora L'illusion comique di Mathieu Amalric, Mientras duermes di Jaume Balaguerò, La guerre est déclarée di Valérie Donzelli.
217 i titoli in cartellone (32 le anteprime mondiali), Jerry Schatzberg (presidente), Michel Fitzgerald, Valeria Golino, Shekhar Kapur e Brillante Mendoza nella giuria di Torino 29, Altan, Riccardo Iacona e Francesca Comencini in quella del Premio Cipputi, la retrospettiva è dedicata a Robert Altman, un omaggio alla scomparsa  Dorian Gray, il Rapporto Confidenziale al nipponico Sion Sono, mentre per Figli e Amanti parola e film della vita a Antonio Albanese, Ascanio Celestini, Michele Placido, Kim Rossi Stuart e Sergio Rubini.
Infine, la sezione più sperimentale, Onde, punta su Naomi Kawase (Hanezu no tsuki), Jonas Mekas (Sleepless Night Stories), James Benning (Twenty Cigarettes) e l'omaggio a Eugène Green, mentre Italiana.Doc ribatte con Il castello di Massimo D'Anolfi e Martina Parenti, Freakbeat di Luca Pastore e, fuori concorso, Inconscio italiano di Luca Guadagnino. Il tutto con un budget di 2 milioni di euro.