"La solitudine di Titta Di Girolamo ne Le conseguenze dell'amore era forzata, causata da un errore: Gorbaciof invece sceglie di stare solo, sta bene per i fatti suoi, continua a condurre una vita anonima, da piccolo uomo da marciapiede e per tutti gli altri è 'nu tipu curius', vuoi per quella strana camminata, per i suoi silenzi... Fino a che non inizia a giocare col destino, al rialzo, convinto di poter trovare un altrove allo squallore quotidiano". Così Toni Servillo racconta il suo Marino Pacileo, meglio conosciuto dagli habitué del quartiere Vasto di Napoli come "Gorbaciof" per quella vistosa voglia sulla fronte, contabile del carcere di Poggioreale, che inizia a rubare i soldi dalla cassetta di sicurezza per far fronte ai debiti di gioco del padre di Lila (Mi Yang), ragazza cinese di cui si innamora e che vorrebbe portare via con lui: è GORBACIOf di Stefano Incerti, oggi Fuori Concorso al Lido e nelle sale dall'inizio di ottobre distribuito da Lucky Red, storia di un uomo solo, per certi aspetti molto caricaturale, "cassiere col vizio del gioco" (come recita il sottotitolo del film), ai margini e al confine tra legalità e microcriminalità, che proprio nella giovane Lila intravede la possibilità di una nuova vita.
"Insieme a Diego De Silva (coautore della sceneggiatura, ndr) abbiamo incominciato a pensare al personaggio già cinque anni fa, in seguito ad una breve notizia di cronaca. Nel frattempo ho girato altri due film (L'uomo di vetro e Complici del silenzio, ndr) e da quella che al tempo era una sceneggiatura molto più lunga e ricca di dialoghi, la giovane protagonista era napoletana, poi anche grazie al contributo di Servillo abbiamo deciso di affidarci completamente all'ambiente, seguendo quasi in tempo reale gli andirivieni del personaggio principale", racconta il regista in una conferenza semideserta (da una parte per colpa del violento nubifragio che ha colpito il Lido in tarda mattinata, dall'altra per il fatto che il film è stato presentato alla stampa in contemporanea con Somewhere di Sofia Coppola, in gara per il Leone d'Oro). Al Lido anche per Noi credevamo di Mario Martone, tra qualche giorno in Concorso, dove veste i panni di Giuseppe Mazzini, Toni Servillo racconta che nei primi giorni di riprese, già truccato e vestito à la Gorbaciof, "andavo a zonzo per le strade e i vicoli del quartiere e nessuno mi riconosceva, ma nemmeno ho incontrato facce stupite al cospetto di questo strano personaggio, segno che effettivamente ero perfetta espressione di quella fauna, di quel contesto". Poi l'attore riflette sullo strano rapporto che il Gorbaciof instaura con Lila: "E' una ragazza sola, e in difficoltà, che vive ore e ore dentro il ristorante cinese gestito dal padre - dice l'attore -. Proprio grazie a Gorbaciof scopre cose nuove, fa passeggiate notturne allo zoo, anche lei inizia a pensare che un'altra vita è possibile: certo, non comunicano attraverso le parole, ma con il cuore, e da questo punto di vista, ovviamente con grandissima umiltà, abbiamo guardato al Chaplin di Luci della città". Riferimenti alti, per un film che comunque non nasconde l'ambizione di mirare a scenari internazionali: "Dopo il Festival di Venezia saremo a Toronto - racconta Incerti - e la prendiamo come conferma della nostra missione, ovvero quella di provare a fare film che siano di pari livello a quelli di altri paesi. Per farlo, il cinema italiano deve osare di più, fare scelte controcorrente, non raccontare solamente famiglie, o crisi di coppia, ormai affrontate meglio dalle fiction tv: il cinema è un'altra cosa".