“E' un documentario importantissimo girato da due giovani italiani arrogantemente coraggiosi in un momento storico in cui il coraggio manca”, dice il giornalista di Sky Tg 24 Pio D'Emilia alla presentazione di Fukushame: The lost Japan, docu-fiction sul disastro nucleare della centrale di Fukushima avvenuto in Giappone l'undici marzo del 2011.
Sette mesi dopo la sciagura il fotoreporter Alessandro Tesei, insieme a Matteo Gagliardi (autore del montaggio e co-sceneggiatore), riescono a filmare il disastro provocato dall'ingente rilascio di particelle radioattive, disperse in tutto il Giappone.
“Un mio amico giapponese mi raccontò questa situazione poco chiara. Così sono partito per il Giappone e grazie alle associazioni di animalisti, come Animal Forest, sono riuscito ad ottenere un permesso provvisorio che mi ha consentito di entrare nella zona proibita e di filmarla”, dice il regista che è riuscito a raccogliere numerose interviste e immagini di questo viaggio, portandosi a pochi metri dalla centrale, nella così detta No-Go Zone, una zona di restrizione di venti chilometri di diametro, che è stata immediatamente evacuata dopo la tragedia divenendo territorio off-limits per chiunque.
“Ovviamente non è stato possibile intervistare nessuno che lavora alla Tepco (la più grande compagnia elettrica del Giappone), ma ho intervistato il sindaco di Minamisoma Katsunobu Sakurai e sono riuscito a partecipare alla grande manifestazione contro il nucleare tenutasi a Tokyo il 19 settembre dove ho conosciuto tanti abitanti di Fukushima che mi hanno permesso di capire il pensiero nelle campagne”, racconta il regista che tra le preziose testimonianze vanta anche l'intervista inedita e esclusiva a Naoto Kan, ex premier nipponico, ottenuta grazie a Pio D'Emilia, una tra le prime voci internazionali dalle aree del disastro nucleare.
E Matteo Gagliardi aggiunge: “Non è stato un progetto strutturato fin dall'inizio, abbiamo lavorato in isolamento per non farci influenzare da altri documentari sullo stesso argomento, si potrebbe definire un docu-road-movie. Abbiamo usato molto l'ottica grandangolare e il fish eye, che ci ha permesso di filmare senza problemi di stabilità ottica. Inoltre il documentario è impreziosito dalle foto di Pierpaolo Mittica, uno dei primi fotografi che è riuscito a entrare nella zona proibita”.
Prodotto da Teatro Primo Studio, casa di produzione che da sempre si occupa di teatro e per la prima volta produce un documentario per il cinema (“Perchè questo doc riflette la realtà come il teatro”, dice la produttrice Christine Reinhold) per un costo di 80mila euro, Fukushame (titolo che potrebbe creare problemi nel caso di una proiezione in Giappone per l'associazione con il concetto di vergogna, ovviamente legato al governo e non alle vittime del disastro) uscirà nelle nostre sale il 23 gennaio e sarà proiettato all'interno della rassegna Mercoledì Doc, progetto dedicato ai documentari di qualità.
“E' un'emergenza che non è ancora finita e conosceremo gli effetti reali di questo disastro tra venti o trent'anni. Era un evento prevedibile visto che il territorio giapponese è altamente sismico. Per lo tsunami e il terremoto il governo giapponese si è subito dato da fare, mentre per il nucleare abbiamo assistito a un balletto di ordini e contrordini degno di un impero delle banane. Le particelle radioattive non sono tutte nello stesso posto, ma sono disperse a macchia di leopardo in tutto il Giappone. Per fortuna il governo recentemente ha pubblicato su un sito gli hotspot rilevati da Green Peace”, dice Pio D'Emilia.
Dopo aver sconfitto la paura e l'ansia delle radiazioni pur di riprendere le città fantasma dei 20 km di zona proibita attorno a Fukushima, dove le uniche forme di vita che si possono incontrare sono gli animali sopravvissuti e l'unica verità in mezzo a un mare di menzogne sembra scandita dai beep del contatore geiger, Alessandro Tesei ha già in mente il suo prossimo progetto: un altro documentario ambientale che mette a confronto Taranto e un lavoratore dell'Ilva con Karabash (piccola città russa, tra le più inquinate al mondo) e un lavoratore in un acciaieria.