“Sono felice che ci sia un film sulla mia persona, come lo sarebbero tutti credo, ma Wajda si è concentrato sulle scene di lotta, quelle ridicole e leggere le ha cancellate, anche se poi così erano ridicole”. Parola di Lech Walesa, a Roma per presentare Walesa. L'uomo della speranza di Andrzej Wajda, che il 6 giugno esce nelle nostre sale con Nomad Film. Presentato in anteprima mondiale all'ultima Mostra di Venezia, il film ha inizio con la visita di Oriana Fallaci (Maria Rosaria Omaggio) nell'appartamento di Walesa (Robert Wieckiewicz) per realizzare la sua celeberrima intervista al leader di Solidarnosc, futuro presidente della Polonia e premio Nobel.
“Non credo di avere tempo per fare un'altra rivoluzione, ma tutte le rivoluzioni – dice Walesa – scontano degli errori: Lenin e Castro hanno ribaltato la realtà e si sono sostituiti al potere precedente con un governo peggiore; io, viceversa, ho sbagliato a consegnare un grande vittoria nelle mani della burocrazia e della politica”. Il biopic del maestro Wajda, aggiunge la Omaggio, “è rivolto ai giovani, perché sappiano come è nata l'Europa: Walesa ha abbattuto la barriera tra sovietici e americani”. E sulle scene leggere e comiche espunte dal regista, precisa: “Sono state girate, non è detto che non le ritroveremo in un cut diverso o in una versione lunga per la tv”.
Viceversa, Walesa torna sulla caduta del Muro di Berlino: “Quella dei tedeschi che hanno disertato il proprio territorio non è una vittoria, non è eroismo, ma una fuga. Per fortuna, Gorbaciov non è stato furbo come Walesa, fatto sta che i tedeschi si sono comportati male”. Si sono comportati bene, al contrario, i polacchi, e prima di loro: “Abbiamo spaccato i denti all'orso sovietico, cosicché altri hanno poi potuto lottare perché l'orso aveva perso le difese”. Se, prosegue Walesa, “chi si scaglia contro la globalizzazione e poi prende in mano il cellulare mi fa ridere: dovrebbe usare il piccione”, sulla situazione in Ucraina “non possiamo permetterci che Putin, dall'annessione della Crimea all'impiego dei carri armati, faccia quel che vuole: serve un comitato di saggi presso la Nato o l'ONU e la solidarietà di tutti i Paesi”.
Infine, sul passaggio dal comunismo al capitalismo della sua Polonia l'ex leader di Solidarnosc ha le idee chiare: “Non è che il capitalismo ci entusiasmasse, ma che cosa potevamo fare? Passare dal capitalismo al comunismo è come trasformare un acquario in una zuppa di pesce, ma dal comunismo al capitalismo è come pretendere di fare un acquario da una zuppa di pesce”.