“Oggi abbiamo accesso a tutto, ma viviamo separati l'uno dall'altro”. Parola di Terry Gilliam, che porta in Concorso a Venezia 70 The Zero Theorem, interpretato da Christoph Waltz, David Thewlis, Melanie Thierry, Lucas Hedges e Matt Damon. In una Londra del futuro, l'eccentrico e recluso genio del computer Qohen (Waltz) Leth vive nell'angoscia, aspettando quella chiamata che, ne è certo, gli darà le risposte che cerca da lungo tempo. Qoehn lavora su un misterioso progetto assegnatogli da Management (Damon) e dedicato alla ricerca del senso della vita, ma la sua esistenza solitaria è disturbata dalle visite della bella Bainsley (Thierry) e dal figlio-prodigio di Management, Bob (Hedges).
Gilliam sconfessa che The Zero Theorem sia il finale capitolo di una trilogia iniziata con Brazil e proseguita con L'esercito delle 12 scimmie, ma osserva come “il futuro di Brazil, realizzato nel 1984, è divenuto realtà” e chiama il pubblico: “Aiutatemi a  capire che sto facendo”. “Non mi considero né un nerd né un geek, eppure così va il mondo, tra relazioni virtuali e persone nascoste dietro alias: siamo sedotti e catturati dal pc, e proprio i giovani che si consumano con Internet capiranno al volo questo film”. Aggiunge Thewlis, “ci hanno detto che la tecnologia migliorerà le nostre vite, ma è sempre più difficile capire dove ci stia portando”, mentre la Thierry parla di “solitudine, perdita di umanità: non sono a mio agio con il computer, non sono su Twitter né su Facebook, è un mondo lontano da me, e mi dà fastidio che ci si possa nascondere dietro lo schermo”. Mettendo in guardia dall'amore. “E' una cosa pericolosa, non ve lo raccomando per nulla!”, Gilliam parla della realizzazione del film “fatto in poco tempo con pochi soldi, seguendo l'istinto: abbiamo girato a Bucarest, perché costa meno che a Londra e in Italia, prendendo in un mercato cinese i tessuti per i costumi, di bassa qualità, tanto che Damon sudava come un maiale. A Bucarest non c'è sicurezza, ma libertà ed energia: da noi non è più così, perché ci sono i ministeri che si occupano di sicurezza…”. Dopo aver definito The Zero Theorem “un film surrealistico a basso costo, ma il cui risultato può essere sorprendente”, Gilliam conclude: “Il finale vuole lasciarvi delle domande, io dico solo che Qohen arriva ad avere più controllo del mondo, reale o virtuale che sia. Mannaggia, non dovevo dire nemmeno questo…”.