“La E Street Band ha fatto un lungo viaggio stasera. Ma siamo qui per una ragione, perché VOI siete qui”. Così si aprono i concerti del Boss. Perché è la marea umana che salta, suda e si sgola a fare di un musicista una leggenda. Questo vale per Bruce Springsteen più che per ogni altro, come sa Ridley Scott che ha prodotto Springsteen & I, straordinario rockumentary diretto da Baillie Walsh andato in scena ieri sera in un unico evento in 230 sale (Record europeo di schermi in Italia – in autunno su Sky Arte HD) che ripercorre la storia del mito attraverso le voci dei fan e performance inedite. Un film fatto “con” i fan, con le loro testimonianze, confessioni, riprese amatoriali ed esperienze di vita. Rispondendo alla domanda “che cosa significa per te Bruce Springsteen?”, raccontano di come la loro storia sia stata segnata dall'influenza della sua musica e si sia intrecciata anche solo per un istante, il tempo di uno sguardo, con l'esistenza del Boss senza mai cedere al fanatismo. “Ascoltare le sue canzoni è come sfogliare un album di famiglia mentre si sta in cucina a prendere un caffè”.
Vincitore di 20 Grammy Awards, 2 Golden Globe Awards, 1 Academy Awards e 1 Polar Music Prize e per la rivista Rolling Stones al 23° posto nella classifica dei migliori artisti, Springsteen è una star planetaria, uno storyteller, un amico, un insegnante. Anche un padre se sei stato cresciuto a “latte materno e Born in the Usa” da un madre svitata che fin da neonato mostrandoti una sua foto sul palco ti sillabava: “Da-ddy, Da-ddy!”. Poi ti accompagna per mano per tutta la vita se assisti ad un suo concerto a nove anni e ne conservi gelosamente la registrazione fatta con un walkman su musicassetta. Bruce è anche un modello, un'antistar capace di trasmettere valori, “mi ha insegnato ad essere un brav'uomo”, dice un ragazzo israeliano. Per chi fa una vita on the road come la giovanissima camionista con gli occhi a mandorla è la perfetta colonna sonora per attraversare il Nebraska (che è anche il titolo di uno dei più celebri album di Springsteen, ndr): “mi ha insegnato che si può essere quello che si vuole nella vita, avere un master e guidare un camion”.
E' quello che la sera prima del concerto di Milano a San Siro è andato con una borsa dall'hotel alla palestra a piedi, da solo, alle dieci di sera, e si è fermato a chiaccherare e scattare foto con gli increduli e sudati compagni di allenamento. Non è un politico, ma gode di una fiducia incondizionata, quasi una devozione. “In Bruce we trust”, un mantra, una fede che ha i suoi miracoli, come quello dell'operaio inglese volato a New York grazie ad un anno di risparmi con i biglietti per un live al Madison Square Garden con i posti all'ultimo anello, e riceve in regalo un pass da un misterioso angelo che dice di essere dello Staff e segue lo show sotto al palco. Un eroe della classe operaia anche oltre oceano, “I polacchi dicevano che il suo era il suono della libertà”.
Gli incontri ravvicinati non sono rari: “Mi sono presentato al conceto di Philadelphia vestito da King con un cartello che recitava “Può il re cantare con il Boss?”. Mi ha chiamato sul palco e abbiamo cantato insieme, mia moglie gridava “oddio, ho sposato Elvis!”, ho anche tirato un calcio e mi sono strappato il tendine, ma ho continuato a cantare”. Jimmy sventola la scritta “Sono appena stato scaricato” e Bruce lo abbraccia “Don't worry bro”, siamo stati tutti mollati, poi anche il cinema applaude e tutti insieme cantiamo I'm going down, gli indici si levano come antenne dalle poltroncine di velluto. Durante le tre ore di concerto regna la fratellanza, tutti sono Blood Brothers. Il ritratto della sua gente composto da migliaia di volti è quello dell'America sognata, quella raccontata da Nanda Pivano, quella che si rialza e spera, della apple pie home made, una big mami sempre pronta a consolarti, quella dello spirito blues che abita il vento caldo del deserto che ti soffia in faccia guidando giù per la route 66 in sella ad una Harley.
Dopo i titoli di coda anche una sorpresa, l'esibizione a Londra ad Hide Park della scorsa estate all'Hard Rock Calling. Imperdibile.