La domanda non è nuova, si è anzi sentita fin troppo negli ultimi anni. Si può fare una commedia sullo sfondo del Terzo Reich? L'austriaco Wolfgang Murnberger, fuori concorso a Berlino con il suo Mein bester Feind (Il mio miglior nemico), osa una risposta che almeno ha il pregio della stravaganza: “volevo fare di un ebreo un eroe”. Ammette il regista che anche lui, fino a questo progetto, era convinto che si potesse trattare il nazismo solo a lá Schindler's List. "Ma volevo parlare di un ebreo eroe senza per forza metterlo tutto il tempo dietro il filo spinato". Che il film farà parlare di sé è garantito. La storia è quella di due amici d'infanzia cui la Germania nazista spezza la strada fatta in comune. Perché uno si chiama Victor Kaufmann ed è figlio di un collezionista d'arte ebreo. L'altro è Rudi Smekal e vuole far carriera a tutti i costi nel partito. I Kaufmann perdono l'occasione di fuggire e si ritrovano bloccati a Vienna. Poi si scopre, perché Rudi fa la spia, che i Kaufmann hanno un Michelangelo. Il quadro viene spedito a Berlino e i Kaufmann in campo di concentramento. Ma il quadro si rivelerà un falso. Rudi ha l'ordine di prelevare Victor dal lager e accompagnarlo a Berlino per un interrogatorio. L'aereo viene colpito in volo. Muoiono tutti tranne i due (ex) amici. E comincia uno scambio di ruoli gravido di conseguenze. "È stato un difficile gioco di equilibrio tra commedia e tragedia", dice Murnberger. "Una commedia vive della capacità di essere divertente nelle situazioni più serie. Ma qui, con questo tema, non puoi permetterti di far vedere lo spaventoso se vuoi strappare un sorriso". Per questo Murnberger ha lottato con ogni scena. Una commedia, però, vive anche di leggerezza.