Il cinema e la tentazione di credere. E' il binomio indagato nella IX edizione del Festival del Cinema Spirituale Tertio Millennio. La manifestazione si è inaugurata ieri con un convegno internazionale di studi introdotto da Guido Fabiani, rettore dell'Università Roma Tre - sede dell'incontro -, Dario E. Viganò, presidente dell'Ente dello Spettacolo che l'ha promossa, e monsignor John P. Foley, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali. "L'esperienza del credere è determinante per raccogliere l'esperienza della realtà, ma credo sia una scelta difficile. Si tratta di un atto di coraggio esistenziale in una contemporaneità in bilico tra indifferenza ed estremismo religioso". "In questo contesto - prosegue Foley - il cinema, quello buono, si affianca agli interrogativi esistenziali dell'uomo contribuendo ad avvicinarlo a Dio". "Credere - conclude - apre al mistero di Dio, alla seduzione della sua Parola". In quest'ottica Tertio Millennio propone una rassegna di film (due per ogni decade a partire dagli anni '50 fino ad oggi) al Cinema Trevi per "catturare nei fotogrammi - dice Viganò - la straordinaria tensione che porta l'individuo a confrontarsi con il sacro". Accanto a capolavori della storia del cinema, quali Settimo sigillo di Bergman, Il Vangelo secondo Matteo di Pasolini e Il cielo sopra Berlino di Wenders, il festival rintraccia la tentazione di credere anche in produzioni recenti, quali Ferro 3 - La casa vuota di Kim Ki-duk e Fuori dal mondo di Giuseppe Piccioni, ospite oggi della seconda giornata del convegno. Parlando del suo film, Piccioni sottolinea "la volontà di raccontare la storia di una suora da un punto di vista non confessionale, ma senza intenti dissacratori né trasgressivi". "Anche perchè - dice il regista - oggi il concetto di trsgressione nella moderna società dello spettacolo è cambiato radicalmente: trasgredire significa recuperare la dimensione del pudore". Una posizione condivisa dal cardinale Paul Poupard, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, che aprendo i lavori ha ribadito come "le visioni non normalizzate e non parafrastiche del grande schermo percorrano traiettorie che si elevano dal materialismo per riguadagnare il sacro nelle sue forme più autentiche".