"Mi annoio senza una storia d'amore: che sia un western o un thriller, cerco di filtrare tutti gli eventi attraverso una relazione amorosa". Così il regista americano Sydney Pollack, scomparso oggi a 73 anni, si era confidato l'anno scorso all'Alba International Film Festival, protagonista di una travolgente lezione di cinema.
Fedele al pragmatismo stelle & strisce, parlando de I tre giorni del condor, Pollack confessava di "non amare le contrapposizioni tra bianco e nero, c'è qualcosa di perverso in me: trovo molto interessanti anche i cattivi, come il killer Max von Sydow". Mentre sull'abitudine a servirsi di star, il regista chiariva un malinteso: "Anche gli amici più cari mi chiedono perchè mi ostini a lavorare sempre con i big di Hollywood, ma io rispondo: chi meglio di Robert Redford, Barbra Streisand o Meryl Streep avrebbe potuto interpretare i miei film? Mi ritengo molto fortunato".
Da sottolineare, poi, le differenze tra l'Hollywood contemporanea e quella in cui il regista nato a Lafayette, Indiana, il 1° luglio 1934, mosse i primi passi: "Dalla metà degli anni '60 all'inizio degli anni '80, se avevi fatto guadgnare gli studios, poi potevi permetterti di fare ciò che volevi. Oggi, invece, le major sono preoccupate solo del pubblico giovane, che è il più vasto e il più appetibile. Analogamente anche l'età degli attori si è abbassata: quando ero bambino sullo schermo vedevamo eroi molto più anziani di noi, ora ci sono star teenager".
Non che l'avventura cinematografica di Pollack sia stata un cammino sul velluto: "Ho sempre paura quando parlo del film che sto per fare, saprò come realizzarlo? Nei miei esordi televisivi stavo sul set pietrificato, con le mani sudate, non mi sedevo mai, e alla fine della giornata crollavo per la tensione. Al contrario, altri registi sono animali da cinema, soprattutto quelli più giovani". E rivelava: "Non mi interessava fare il regista, mi è capitato per caso: non sapevo che fare, osservavo gli altri, ma per imparare ho dovuto prima compiere colossali errori".
Grande spazio aveva riservato agli aneddoti, molto gustosi. Da Nicole Kidman, che si era proposta in prima persona per The Interpreter (ultimo film di finzione da regista, diretto nel 2005, prima del documentario Sketches of Frank Gehry, mentre l'ultima interpretazione è quella del padre di Patrick Dempsey in Un amore di testimone, dal 16 giugno in sala) senza che Pollack avesse in mano uno straccio di script, al coprotagonista Sean Penn, che analogamente accettò privo di qualsiasi certezza sul suo ruolo, con lo studio angosciato per aver sborsato i cachet degli attori senza garanzie sul film.
E ancora, su Tootsie, uno dei titoli clou della sua straordinaria filmografia: "Per accettare il ruolo en travesti, Dustin Hoffman pretese che nella finzione fossi io a interpretare il ruolo del suo agente: per costringermi ad accettare mi tartassò per settimane con mazzi di rose rosse... A partire da quell'esperienza "infausta" di fronte alla machhina da presa, venni successivamente diretto da Woody Allen e Stanley Kubrick".
Da ultimo, l'amore in Come eravamo tra Robert Redford e Barbra Streisand: "Senza love story mi annoio: mi piacciono quelle alla Romeo e Giulietta, con amanti che vorremmo stessero insieme, ma è impossibile. Se vivessero felici e contenti, non rimarrebbero nella testa degli spettatori". Addio Sydney, addio artigiano del cinema: innamorato.