“Affascinante ricostruire epoche che non esistono più: il cinema ha questa potenzialità, dare al pubblico spunti di riflessione su passato”. Così la regista Susanna Nicchiarelli presenta La scoperta dell'alba, la sua opera seconda tratta dal romanzo omonimo di Walter Veltroni e in concorso al Festival di Roma.
Due i periodi storici del ping-pong temporale: nel 1981 a Roma il prof. Mario Tessandori muore tra le braccia del collega Lucio Astengo colpito dalle Brigate Rosse; 30 anni dopo le figlie di Astengo, Caterina (Margherita Buy) e Barbara (la Nicchiarelli), mettono in vendita la casa al mare, e partono i ricordi, legati alla sparizione del papà 30 anni addietro. Caterina compone sul vecchio telefono il numero di quella che fu la loro casa romana, e incredibilmente le risponde la voce di una bambina: è lei stessa, dodicenne, 30 anni prima.
Nel cast anche Sergio Rubini, Gabriele Spinelli, Lino Guanciale e Lina Sastri, il film coprodotto da Fandango e Rai Cinema arriverà nelle nostre sale il 10 gennaio: “Cercavo soggetti fantastici o fantascientifici, Domenico Procacci mi ha suggerito il libro, e - dice la regista di Cosmonauta - sono rimasta colpita da questa storia da film americano, che ricorda la seconda serie di Ai confini della realtà, Spielberg e Howard. Mi sono entusiasmata, e l'ho cambiato per renderlo mio: a Veltroni è piaciuto tantissimo il soggetto che ho scritto, e non ha fatto alcuna interferenza. Rispetto al libro, ho cambiato il sesso del protagonista, che ora è una donna, ho ritardato la data delle telefonate dal ‘77 al 1981, un'epoca mia, perché volevo lavorare sui primi anni '80, un'età di passaggio tra la fine degli anni di piombo e un periodo di maggiore e forzata spensieratezza, tra punk e video in tv”.
“Ricordi quei momenti, stavo a Roma ed era una città molto diversa da adesso: posti di blocco, grande paura, smarrimento, eventi drammatici che accadevano senza capire perché, ma che hanno strutturato quel che siamo oggi”, dice la Buy, mentre Rubini, che interpreta il suo fidanzato, sottolinea come “il revisionismo sia una pratica molto pericolosa e diffusa nel nostro Paese, ma bisogna farci i conti e non inventarsi che le cose siano andate in modo diverso. E' interessante che sia una giovane donna come Susanna a ricostruire quegli anni, mentre chi li ha vissuti è affetto da pentitismo o quant'altro”.