"La cosa che si impara avvicinandosi al mondo del carcere, è che si deve sospendere qualsiasi tipo di giudizio. Il mio film non giudica i personaggi, il concetto di morale dentro il carcere acquista confini sconosciuti". Parola di Enrico Pau, già autore di Pesi leggeri, che con Jimmy della collina, tratto dall'omonimo romanzo di Massimo Carlotto, in concorso al prossimo festival di Locarno, racconta il percorso di formazione di Jimmy attraverso l'esperienza della comunità di recupero minorile "La Collina". "Jimmy è un adolescente affascinato più che dal crimine, da ciò che vi ruota attorno" ci spiega il regista.

Quanto di vero c'è nella storia che si racconta?
Alcune storie che raccontiamo sono successe realmente. L'idea principale di Jimmy è sfidare gli altri e se stesso. Gioca a fare il piccolo criminale pensando di poter superare tutte le difficoltà della vita: il rifiuto della fabbrica di suo padre, la famiglia di operai, la negazione delle sicurezze piccolo borghesi. E ne rimane impigliato. Il finale è aperto, con uno spazio rivolto al dubbio. Jimmy sintetizza tante storie di ragazzi che sono passati nel carcere minorile e che hanno vissuto l'esperienza del recupero all'interno de "La Collina", luogo nel quale Don Ettore Cannavera sperimenta il riscatto dei giovani carcerati, attraverso una responsabilizzazione e restituendo a loro la dignità del lavoro e delle relazioni umane.

Ci parli dell'attore che interpreta Jimmy.
Il ruolo di Jimmy è stato affidato a Nicola Adamo, un ragazzo di grande intensità interpretativa. Per quanto riguarda il resto del cast è difficile distinguere l'attore professionista rispetto a chi si trova per la prima volta a recitare. C'è poi la presenza di un personaggio femminile, Claudia, che nel film è interpretata da Valentina Carnelutti. Claudia è ispirata a un personaggio reale: Antonio. Un ragazzo con alle spalle l'esperienza del carcere. Finita la pena è rimasto alla Collina diventando uno dei collaboratori più stretti di don Ettore. Una notte Antonio muore per arresto cardiaco davanti al televisore. Secondo don Ettore spesso gli operatori migliori per i ragazzi sono quelli che hanno un passato difficile. Claudia nasconde un segreto profondo, un passato doloroso che ha segnato la sua vita e che alla fine racconta allo stesso Jimmy.

Chi ha collaborato al film?
Ho la fortuna di lavorare da anni con le stesse persone. Gian Enrico Bianchi è un direttore della fotografia straordinario. Ha alle spalle importanti collaborazioni con Matteo Garrone e Alessandro Piva. Alla scenografia c'è Marianna Sciveres. Francesca Leondeff cura i costumi. Il montaggio è affidato ad un ragazzo giovane e talentuoso, Johannes Nakajima. Un ruolo importante è assegnato al suono curato da Riccardo Spagnol con il quale abbiamo cercato di riprodurre le sonorità proprie di ambienti come il carcere, la fabbrica. Per le musiche ho contattato un gruppo emergente del panorama rock cagliaritano, i Sickitikis, ora prodotti dai Subsonica. Il film è stato girato in cinque settimane fra le città di Cagliari, Sarroch, Quartucciu, Serbania.

Dietro il film c'è una vicenda produttiva fortunata.
Si devo confessarlo. La produzione è della X Film di Roma del giovanissimo Guido Servino. Abbiamo avuto una piccola quota dalla Regione Sardegna e da alcune istituzioni locali. Una parte consistente del budget è arrivata da una fondazione privata sarda, la Ope, una cooperativa di costruzioni formata anni fa in Sardegna da un gruppo di muratori. Nel tempo è diventata una importante realtà imprenditoriale che investe anche nella cultura. Quest'aspetto è in qualche modo rivoluzionario nel nostro settore. Inoltre la produzione esecutiva del film è stata affidata ad un gruppo di ragazzi sardi che sono riusciti ad organizzare al meglio le risorse.

Progetti per il futuro?
Sto lavorando a un road-movie che ha per protagonista un gruppo si attori teatrali.