“Simone è venuto tutti i santi giorni nel mio studiolo insieme a Francesco Bruni. Abbiamo ricongiunto il terzetto improbabile di trent'anni fa: quando Simone aveva 14 anni, i calzoni corti e recitò in una cosa teatrale invereconda da me scritta e diretta da Bruni al teatro “I quattro Mori” di Livorno. Io avevo tanti capelli e facevo la parte di un anziano, a 17 anni”. E' nato così, tra risate e caciucco, Tutti i santi giorni, il nuovo film di Paolo Virzì (in sala dal 12 ottobre distribuito da 01), scritto insieme all'amico Simone Lenzi, autore del libro La generazione (Dalai Editore). “Non pensavo potesse diventare un film – dice Lenzi, nel cicaleccio pomeridiano della Limonaia al Castello di Castiglioncello - l'ho mandato a Paolo perché mi faceva piacere lo leggesse, mi sono sorpreso quando ha deciso di farci un film”.
La generazione, infatti, inteso come l'atto del generare e non l'essere accomunati dalla stessa età anagrafica, è un monologo interiore, in parte autobiografico, “raffinatissimo e delicato, un intenso flusso di coscienza alla Joyce”, azzarda Virzì. “Non è un libro di fantasia - spiega Lenzi - ma d'immaginazione. Non ci sono templari o biblioteche maledette. E' la storia di un portiere di notte con la passione per la lettura, che con la moglie non riesce ad avere figli. Queste due circostanze lo portano a interrogare la letteratura di illustri studiosi e medici del passato, da Francesco Redi, all'olandese Leeuwenhoek, passando per Aristotele, e a fare delle scoperte curiose”.
Simone Lenzi, classe 1968, ha studiato filosofia, gli amici lo canzonano dicendo che possiede “la più grande biblioteca al mondo di opere minori” e il suo misterioso curriculum lo ha visto portiere di notte, compilatore di grammatiche per ragazzi, traduttore di Marziale. Ma Lenzi è anche paroliere della band indie rock livornese Virginiana Miller, che molto assomiglia ai Pluto del film I più grandi di tutti del fratello di Virzì, Carlo. “Mi fa piacere sottolineare le assonanze - dice Paolo Virzì - tra famiglie, gusti e quartieri che Livorno ha mescolato. Destini incrociati, cinema, canzoni, un giorno qualcuno dovrà riflettere su quale sia il mistero di quel postaccio dove chiudono le fabbriche, dove nessuno lavora. Una risposta a Stachanov, anche il sindaco è sempre in pantaloncini corti e ciabatte, reduce da una gabbionata, abbronzato. In quella città, dove non c'è futuro, proliferano gruppi musicali, come Liverpool o Manchester, ragazzi che scrivono film, sbucano storie di rock o cantautori come Rondelli”. Tutti i santi giorni, però, è ambientato a Roma, “volevo una grande città - dice il regista - avrebbe potuto essere anche Milano. Mi interessava mostrare questi due ragazzi sradicati, soli contro il mondo, in una periferia che sembra quella delle grandi città americane”.
I protagonisti del film, sono più giovani rispetto al libro, fanno parte di quella generazione, questa sì intesa in senso anagrafico, che non avrà mai una pensione: “Guadagnano mille euro al mese - dice Virzì - e fanno in continuazione il riepilogo dei costi, 150 euro per il ginecologo, isteroscopia 380 euro…”. Secondo lo scrittore “si può fare anche una lettura sociopolitica: viviamo in una società vecchia, viviamo in una retorica di gioventù eterna e ci ritrovaimo a 42 anni senza figli. Alla mia generazione è mancato il pensiero progettuale, pensavamo che chi aveva il potere era destinato ad averlo per sempre”. Virzì ricorda Tutta la vita davanti: “Anche in questo nuovo film c'è una generazione che sembra rapinata del proprio futuro, sono tutti sottoccupati, fanno un lavoro che non ha nulla a che fare con quello che hanno studiato, ma questa cosa è raccontata come se non fosse più un dramma, anche se non con meno rabbia”.
Pur nella maliconia e nella tragicità, non mancano ironia e tenerezza. Oltre a raccontare della ricerca di un figlio, il libro come il film, sono una celebrazione dell'amore coniugale, così poco frequentato dalla letteratura, dello sforzo vitale, appassionato della costruzione quotidiana di qualcosa di autentico e struggente: “Tutti i santi giorni - conclude Virzì - allude, tra le tante cose, ad un'abitudine di Guido, il protagonista, che alla mattina, quando finisce il proprio turno alle sette, sveglia la moglie portandole a letto il caffè e illustrandole il Santo del giorno, con una breve sinossi biografica, tipo ‘Sant'Emiliano da Trevi morì accecato', eccetera. Tutti i giorni, tutti i giorni…”.