“La mia lettera d'amore a Michael Jackson”. E' Bad 25, diretto da Spike Lee e presentato Fuori concorso a Venezia nel 25° dell'uscita, dopo 45 milioni di copie vendute (nuova edizione il 18 settembre). Applausi in proiezione stampa, e ne arriveranno altri questa sera, quando Lee riceverà il premio Jaeger-LeCoultre Glory to the Filmmaker. Mentre sta già lavorando al remake di Old Boy del coreano Park Chan-wook, con Samuel L. Jackson e Josh Brolin, Bad 25 arriverà al cinema, in tv e in homevideo (Final Cut del regista) e – dicono il regista e John Branca, produttore esecutivo del film ed esecutore testamentario di Jacko – “lo faremo vedere presto ai figli di Michael”, ovvero Prince, Paris e Blanket: “Così scopriranno tante cose di loro padre”.
Ma perché Spike Lee, fan confesso di MJ e regista di due suoi videoclip (They Don't Care About Us e il postumo This is it), ha deciso di dirigere Bad? “La Sony voleva che mi concentrassi solo sulla musica, perché per tanti anni il genio musicale che era si era perso. Qui c'è il sudore, il sangue e le lacrime dietro un grande capolavoro. Bad seguiva Thriller, l'album più venduto di sempre: al pressione era enorme, e Jacko mai soddisfatto”.
Spike ha avuto “accesso completo a materiale mai visto” e ha potuto contattare come MJ “studiasse i grandi per diventare più grande: Gene Kelly, Stevie Wonder, Fred Astaire, Marvin Gaye”. Il risultato? “Una lettera d'amore”, appunto: “Io sono del '57, Michael era del '58, quando lo vidi nel '69 con i Jackson 5 all'Ed Sullivan Show volevo essere come lui: avevo i capelli afro, in effetti, ma non la sua voce e il suo ballo”. Quando Jacko è morto Spike Lee era a Cannes in una conferenza stampa: “Non ci volevo credere, finché non ho visto il fratello Jermaine alla CNN. Ritornato a New York sono rimasto sorpreso dalla profondità delle mie emozioni: per un mese non ho capito più nulla, e moglie e figli me lo facevano notare. Sul mio iPad avevo solo Off the Wall, sono andato in un negozio e ho preso tutto di MJ: ascoltavo solo lui, la mia famiglia deve avermi odiato”.
Il doc è zeppo di interviste nuove e dell'epoca agli storici collaboratori di MJ, tra cui Quincy Jones – solo materiale d'archivio – e quel Martin Scorsese che girò il videoclip di Bad, e star quali Stevie Wonder, Mariah Carey, Sheryl Crow, Kanye West e Justin Bieber. Si conclude sulle immagini di MJ che a Wembley nell'88 canta Man in the Mirror e assume pose cristologiche: “Non voleva dire – conclude Spike Lee - che era Gesù Cristo, ma davvero era da un'altra parte, non faceva più parte di questo mondo”.