“Non ho dato per scontato che Bond fosse di per sé un personaggio interessante”. Parola di Sam Mendes, che il 31 ottobre porta nelle nostre sale Skyfall, il 23° film di James Bond che cade nel 50° anniversario della saga più longeva del grande schermo. Distribuito da Warner Bros., segna la terza prova di Daniel Craig nei panni di 007, costretto a far fronte a una devastante minaccia alla sicurezza del Regno Unito - viene resa pubblica l'identità di molti agenti sotto copertura e lo stesso MI6 viene attaccato - che coinvolge in prima persona il suo capo M (Judi Dench) e il cattivo di turno (Javier Bardem).
Nel cast anche Ralph Fiennes, Ben Whishaw, Albert Finney e due Bond girl sui generis, Naomie Harris e Bérénice Marlohe, “la grande sfida - dice il regista di American Beauty - è stato inserire una storia personale tra l'action, per me la parte meno divertente , e i tipici elementi bondiani. La scelta cosciente e deliberata è stata quella di non ripetere il vecchio Bond, per esempio puntando su un cattivo animato da vendetta privata e non su una minaccia universale”. Dunque, che 007 è quello dell'atteso Skyfall? “Ha ormai una certa età, deve lottare con la sua scarsa importanza e giustificare la propria esistenza, come del resto deve fare M per l'MI6”, risponde Mendes, precisando come “ho spinto Bond verso nuove zone mai esplorate prima”.
Che ne pensa Craig? Già in Casino Royale e Quantum of Solace, dopo Skyfall ritornerà in altri due Bond movie, a differenza molto probabilmente di Mendes: “Ho già messo qui tutto quello che volevo”, confessa il regista. Che consegna un agente 007 inedito, sorprendente: asserisce tra il serio e il faceto di aver avuto esperienze omosex e addirittura colpisce un nemico alle spalle. Ma Craig non si scompone: “La prima è la dimostrazione di quanto sia a suo agio con la propria sessualità, per la seconda… beh, vuol dire che l'hanno portato proprio sull'orlo del baratro!”. Da parte sua, Craig manda in archivio l'esperienza olimpica con la Regina Elisabetta: “La mia prova più breve, un'esperienza surreale che mi ha riempito di orgoglio” e sceglie una bondiana terza via: “Voglio realismo ma anche vulcani e sottomarini, e non voglio essere un fac-simile degli altri Bond: non si può compiacere tutti e sempre, e pazienza per qualche fan della saga”.
Ma un Bond nero in futuro? “Non ho nulla da dire”, liquida, e allarga gli orizzonti del suo agente con licenza di uccidere: “Non solo i britannici, tutti speriamo in un eroe che si prenda cura di noi in questo mondo sofferto e travagliato”. Certo, la fatica è tanta: “Sei mesi prima del ciak ho iniziato ad allenarmi, tre mesi prima a provare le scene action, ma lo sforzo più grande sono stati i sei mesi sul set: ci facevamo forza a vicenda…”. Insomma, “Bond ti cambia vita e carriere, purtroppo non sono così intimo con Roger (Moore, NdR) Pierce (Brosnan, NdR) per poter alzare il telefono e chieder loro consigli…”.
Viceversa, con Naomie Harris - è lei stessa a confidarlo - e Bérénice Marlohe è stato da subito “gentile, carino e iperprotettivo: mi ha abbracciato forte, e mi ha aiutato”. Come contraccambiare? “Casino Royale e lui sono i miei preferiti”, dice la 36enne londinese di colore Harris, salutando le primavere del collega: “Pensavo di essere troppo vecchia per fare la Bond Girl, ma se gli anni passano per lui… Siamo entrambi più maturi: se nel passato Bond era quasi fumettistico, oggi è più umano, vulnerabile, si innamora, viceversa, la rappresentazione delle sue girl non è più quella sessista, fatta eccezione per Grace Kelly e Ursula Andress, ma riflette la donna della società attuale”.
Del resto, conclude Craig, “Skyfall is a classic Bond film in a modern way”.