"Una regressione all'adolescenza che ha il sapore di una fuga. Da chi? Ma da se stessi ovviamente!". Alberto Rodriguez spiega cos'é After, quinto lungometraggio del regista spagnolo e il primo ad essere presentato a Roma, dove è in concorso. Racconta la storia di tre amici - Manuel, Julio e Ana: interpretati rispettivamente da Tristano Ulloa, Guillermo Toledo e Blanca Romero - che decidono di passare una serata assieme all'insegna dell'eccesso (alcol, sesso e droga a go-go) prima di ritornare, forse dimenticare, le loro normalissime vite. "Non c'é finale che risolva tutto, non c'è un dopo - dice il regista -. I miei personaggi rimangono in una sorte di limbo e non basta una notte a tirarli fuori di lì". D'altra parte è Houellebecq - dichiarata fonte d'ispirazione del regista - ad aver detto una volta che "l'uomo è un adolescente minorato", e i protagonisti del film con le loro azioni estreme e senza effetto sembrano confermare quanto pensa lo scrittore francese. Minorati, ma complessi: "E' il mio ruolo migliore - afferma Toledo - quello che ogni attore vorrebbe interpretare. E devo ringraziare Alberto che mi ha dato la possibilità di provarlo a lungo. Non accade spesso con le produzioni spagnole". "Stavo per avere un bambino durante le riprese - confessa Ulloa - e il mio personaggio, davvero un pessimo genitore, toccava delle corde molto profonde. Spero di essere un padre migliore di quello di After". Emozionatissima la Romero, al suo debutto nel cinema e protagonista di diverse scene di nudo: "Sono timida per natura, figuriamoci se devo spogliarmi davanti a un obiettivo - dice l'attrice -. Oggi che sono qui con voi ho addirittura le vertigini!". "Ci siamo dovuti spogliare tutti per convincerla", aggiunge Rodriguez. Che è un appassionato di Cassavetes ("impossibile fare film belli come i suoi") e un vorace filmofago ("Mi piace tutto, da Truffaut ai prodotti di serie Z"). Ma anche un discreto intenditore di musica, essendo il primo cineasta ad utilizzare una canzone del talentuoso ma ancora misconosciuto Micah P. Hinson (Beneath The Rose): "Il suo brano e quello di Bill Callahan mi sembravano in contatto con l'umore dei miei personaggi. E il fatto che si ripetano più volte nel corso della narrazione era una metafora sonora del blocco interiore che attanaglia i tre amici".