Già apprezzato al Certain Regard di Cannes nel 2008, arriva oggi in sala con Bolero Film la scuola horror del 26enne italo-brasiliano Antonio Campos: Afterschool. Regista, sceneggiatore e montatore, Campos porta un'algida macchina da presa in una prep school americana (scuola propedeutica per studenti facoltosi, esperienza nel suo curriculum), dove la cocaina è letale, l'ipocrisia e il perbenismo sovrani e la realtà comunque virtuale.
Come è nato Afterschool?
Ci sono molti elementi autobiografici. Ciò che mi ha ispirato realmente è stato il mio ultimo anno di scuola, iniziato con l'11 settembre 2001, dove perse la vita il padre del mio migliore amico, e conclusosi con l'incidente mortale di un altro carissimo amico che viaggiava in Europa. All'epoca, avevo 18 anni: tutte le miei precedenti idee sul cinema, tutte le mie preoccupazioni da teenager improvvisamente mi sembrarono triviali. Fu allora che ebbi l'idea di un giovane testimone della morte per overdose di due ragazze in bagno durante un party. Sono partito da lì, e nei successivi quattro anni ho continuato a sviluppare questa storia fino a quando non è diventata un film.
Porno, cocaina, menzogne e tanta noia: quali studenti inquadri?
Non sono ragazzi straordinari, fuori dal comune, tutt'altro. A quell'età, sono in molti ad annoiarsi facilmente, a volere qualcosa di scioccante o semplicemente a non accontentarsi e cercare dell'altro, di "meglio", che sia la droga, il sesso o il porno online.
Quale approccio hai tenuto?
Ho cercato di mantenere semplice la storia, evitando che l'estetica della tecnologia dettasse l'estetica del film. Quando inquadrano l'adolescenza, oggi molti filmakers sembrano ossessionati dall'idea che i ragazzi abbiano un deficit d'attenzione e consumino abulicamente una mole di informazioni diverse nel medesimo istante. Anche io sono interessato al tema, ma anziché ricreare l'esperienza di un adolescente, cosa che peraltro spesso non funziona, preferisco stare in disparte e osservare.
A questo proposito, Elephant di Gus Van Sant è stato una fonte d'ispirazione?
E' un film fondamentale per i registi indipendenti americani. Ma ero consapevole del paragone che sarebbe stato fatto, semplicemente per l'affinità tematica, per cui ho scelto di distanziarmene, a partire dalla forma. Ma molti dei registi europei radicali, come Chantal Akerman, che hanno ispirato Van Sant a loro volta hanno influenzato me.
Hai origini italo-brasiliane, ma sei cresciuto e vivi negli Usa: quella che racconti è solo una realtà americana?
Gli Stati Uniti sono ciò che conosco meglio, e i miei film credo siano profondamente immersi nella realtà americana. Ma da tutto il mondo c'è chi mi dice di conoscere e riconoscersi in tanti aspetti del film. Così se il focus è sulla mia esperienza, questa dev'essere simile a quella di tanti altri in differenti paesi: in un certo senso, paradigmatica.
Ritorniamo alla tua ispirazione: se il sottotitolo potrebbe essere un soderberghiano Sex Lies & Videotape, a chi ti senti effettivamente più vicino?
Ho visto e apprezzato l'esordio di Steven Soderbergh, anche se ovviamente non c'entra nulla. In realtà, è Benny's Video di Michael Haneke ad aver avuto un'enorme influenza su di me, e generalmente tutto il cinema del regista austriaco mi è di grande interesse. Il suo approccio alle relazioni della gente con il video e i new media è qualcosa che mi è sempre suonato bene.