I Coen non sono mai stati grandi comunicatori, o forse preferiscono far parlare i loro film. Così, la conferenza stampa che ha visto protagonisti i due geniali fratelli ha concesso molti meno spunti di riflessione di quanto non abbia fatto il loro ultimo film, A Serious Man, presentato Fuori Concorso a Roma e in uscita in Italia il 4 dicembre con Medusa ("E' il nostro film di Natale", sottolinea Giampaolo Letta). "Nulla di personale né di autobiografico, a parte gli scenari del Midwest" dichiara subito Ethan che, con Joel, ha voluto raccontare la storia di un personaggio a cui ne capitano di tutti i colori ("l'uomo serio" del titolo, che smarrirà serietà ed equilibrio nel corso della tribolata vicenda), una specie di Fantozzi ebreo interpretato dal bravissimo Michael Stuhlbarg: "Inizialmente dovevo essere l'uomo razionale del prologo, ma mi avevano scartato perché non parlavo bene yiddish - racconta l'attore - per poi rimettermi a bordo con un ruolo diverso, quello del protagonista". "Nessuna protesta" da parte dellla comunità ebraica americana per il modo, talvolta irriverente, con cui i Coen la mettono alla berlina, ma "una reazione positiva", assicura Joel. Che non crede sia un film "sul vuoto" come suggerisce un cronista, ma solo "un film molto americano, con influenze europee sullo stile". E sulle parentele con la storia di Giobbe, Ethan ammette alcune somiglianze ma precisa: "In Giobbe quello che viene messa in discussione è la fede in Dio, nel nostro Serious Man semplicemente il suo status quo". Ebrei e pessimisti fino al midollo, i Coen rinnegano però ogni affinita con Woody Allen: "Il suo è ebraismo newyorkese, totalmente diverso dal nostro". E sulla vicenda del professore negazionista de La Sapienza, di cui parlano stamane tutti i giornali italiani, tagliano corto: "In giro c'è tanta follia. Ma che c'entra col film?". A Serious Man è, per stessa ammissione dei due fratelli, "un esercizio di stile, di cui ci premeva soprattutto raccontare personaggi e ambienti specifici, ovvero la comunità ebraica del Midwest, dove siamo cresciuti". Una commedia o un dramma? "Non importa - conclude Ethan - volevamo solo raccontare una storia: come reagirà il pubblico, se riderà o si commuoverà, non è un nostro problema".