Roma riscopre Sergio Citti con la rassegna "Storie scellerate": tre serate, da domani al 27 marzo al Cineclub Detour, tre film, Casotto, Ostia e Due pezzi di pane, e tre incontri per scoprire insieme a collaboratori ed estimatori il poeta e cineasta romano, i suoi film randagi e il modo singolare con cui si è avvicinato al cinema, riuscendo, da autodidatta, a trasformare una tradizione del racconto orale in pratica cinematografica.
Pier Paolo Pasolini lo chiamava affettuosamente il suo "vivente lessico romanesco". Nato a Roma nel 1933 e morto a Ostia nel 2005, Citti è stato un poeta delle borgate e dei lidi romani. Uno dei pochissimi registi d'estrazione sottoproletaria, messo da parte troppo in fretta, troppo rapidamente etichettato come un epigono pasoliniano. Ha girato 11 lungometraggi in 35 anni, ingiustamente dimenticati, poco visti, poco studiati, poco raccontati: "Le storie non devono piacere, ma dispiacere!", diceva.
La rassegna è a cura dei critici cinematografici Edoardo Zaccagnini e Daniele Lupi con la collaborazione di Livio Marchese, autore del libro Né in tera, né in mare, né in cielo. Il cinema randagio di Sergio Citti (edizioni La fiaccola).In apertura domani, Casotto (1977), terzo film di Citti,  con Paolo Stoppa, Jodie Foster, Ugo Tognazzi e Michele Placido, ritratto impietoso  degli italiani attraverso la suggestiva immagine di una cabina balneare dentro cui si svolge tutto il film. Segue sabato Ostia (1970) il folgorante film d'esordio, fiaba truce e candida coi ritmi di una tragedia greca ambientata in un universo di borgata e fotografata con una luce quasi caravaggesca. Domenica 27 è la volta di Due pezzi di pane (1979, 116') favola surreale e musical straccione con Vittorio Gassman, Philippe Noiret, Luigi Proietti, Anna Melato.