"Cosa c'entra la cultura russa con la guerra? La nostra cultura ha sempre promosso i valori umani e la compassione. Per me è insopportabile pensare ci sia il boicottaggio sulla cultura russa, anche se capisco le persone che lo chiedono".

Il dissidente Kirill Serebrennikov presenta in concorso a Cannes Tchaikovsky's Wife. Il regista russo, che nelle passate edizioni del festival era stato impossibilito ad accompagnare i suoi film in gara (Summer, Petrov's Flu) perché agli arresti domiciliari in patria, ora esule in Germania da fine marzo, non usa mezzi termini per definire la guerra in Ucraina: "Un disastro, una tragedia, un suicidio. Una cosa resa possibile da anni di massiccia propaganda su giornali e tv di stato".

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Sia Petrov's Flu che quest'ultimo film hanno ricevuto i finanziamenti da Kinoprime, la fondazione dell'oligarca Roman Abramovich, recentemente sanzionato per i legami col presidente Putin: "Anche se è stato grazie ad Abramovich e alla sua fondazione se il miglior cinema russo d'autore si è potuto realizzare negli ultimi anni", ricorda Serebrennikov, il cui lavoro è riuscito ad essere incluso nella selezione del Festival di Cannes (che, ricordiamo, aveva ufficialmente bandito tutte le delegazioni russe) perché - come spiegato dal delegato generale Thierry Frémaux - era stato girato prima dell'inizio della guerra in Ucraina.

Serebrennikov torna poi a ragionare sulla situazione attuale: "Non possiamo essere felici sapendo che stanno sganciando bombe sulle città, ho amici ucraini e la situazione è tragica. Senza questa guerra staremmo tutti meglio".