“Siamo molto orgogliosi del primo Star Trek e della reazione positiva che ha suscitato. Quando abbiamo iniziato a pensare al secondo non abbiamo tenuto conto del successo, abbiamo deciso da subito che doveva essere migliore” dice Bryan Burk alla presentazione del footage di Into Darkness - Star Trek. Burk parla anche a nome del collega assente, il regista, produttore e sceneggiatore J. J. Abrams (Lost, Super 8) che dà il benvenuto con un rvm, “perché impegnato a farsi sistemare i capelli”. Mancano più di due mesi all'uscita nelle sale italiane prevista per il 13 giugno (il 17 maggio in Usa) ed è risaputo quanto alla Bad Robot Productions siano amanti della segretezza, lo spoiler è il loro più acerrimo nemico, ma per questa volta hanno fatto un'eccezione e concesso alla stampa la visione dei primi 30 minuti.
L'equipaggio è lo stesso (Chris Pine è il capitano Kirk, Zachary Quinto è Spock e Zoë Saldaña è Uhura) con qualche new entry e un villain, il terrorista John Harrison, interpretato da Benedict Cumberbatch, la cui identità ha il sigillo di Stato. Siamo nell'anno 2250 circa e all'inizio del film vengono subito rimescolate le carte in tavola. Ritmo incalzante, spettacolarità e colpi di scena la fanno da padrone fin dalle prime sequenze.
Il film precedente è del 2009, ma i due soci non hanno perso tempo (ad Abrams è stato affidato il nuovo capitolo della saga creata da George Lucas previsto per il 2015, Star Wars: Episodio VII): “Nel frattempo – ricorda Burk - ci siamo dedicati anche a Mission Impossible: Protocollo fantasma. Un'esperienza fantastica, chi ha provato l'emozione di Tom (Cruise) che scalava il grattacielo di Dubai si è accorto del risultato ottenuto grazie alle telecamere Imax. Qui abbiamo usato la stessa tecnologia. Non siamo grandi sostenitori della terza dimensione, ma abbiamo comunque girato in 3D mettendoci la massima cura, inquadratura per inquadratura, anche quando il responsabile degli effetti stereoscope ci diceva che non potevamo andare oltre, noi pretendevamo di più”.
Anche della serie tv Burk confessa di non essere un mai stato un grande fan: “Negli Stati Uniti ci sono due categorie di persone: quelli che amano Star Trek e quelli che pensano che quelli a cui piace sono pazzi. Io facevo parte del secondo gruppo. A me non andava giù, non riuscivo a capirlo. Quando ho fatto il mio battesimo e sono entrato nel suo universo mi sono reso conto che il creatore, Gene Roddenberry, è un genio, perchè parla di noi, di un mondo ideale in cui non compaiono differenze tra gli esseri umani, è un invito a vivere in armonia, è la terra come dovrebbe essere. Volevamo fosse un film per tutti, che si potesse salire a bordo dell'avventura e conoscere i personaggi senza essere per forza un appassionato. Il problema però era anche non deludere i superfan”.
Secondo il produttore di Alias il cinema non ha dato a Star Trek il giusto peso: “A differenza di altre saghe, non ha mai avuto le giuste risorse e i giusti mezzi, fortunatamente la Paramout Pictures si è dimostrata disponibile sia sul piano finanziario che su quello creativo. Stiamo ancora lavorando agli ultimi effetti e alle musiche, quindi ci rivediamo tra un paio di mesi”.